Page 21 - Numero 15 Autunno 2015
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Tristezza: organi e visceri
“Sorridi anche se il tuo sorriso è triste perché più triste di un sorriso triste c’è solo la tristezza di non saper sorridere”. (Jim Morrison)
Ogni riflessologo esperto sa che quando delinea la diagnosi energetica del proprio assistito scorrendo i pollici dal basso verso l’alto della colonna vertebrale ritrova i segni della tristezza posizionati sul collo all’altezza della settima cervicale. Le dita fanno fatica a scorrere e si imbattono in una sorta di gobba semirigida. È il segno evidente del peso della vita sulle spalle. La lunga sopportazione e i lunghi silenzi sembrano condensarsi in quel punto formando un vero e proprio accumulo che impedisce a volte di muovere liberamente il collo, ma anche di lasciare esprime appieno l’azione delle spalle. Le conseguenze sul piano fisiologico sono evidenti e vengono diagnosticate dai medici con cervicalgie, indurimenti vertebrali, ernie cervicali. L’azione nell’opera del riflessologo è quella di cercare di comprendere la natura e la ragione di questo accumulo nocivo. Di solito sono persone che non vogliono piangere. Fin da bambini sono state educate a farsi vedere tutte d’un pezzo e a non manifestare in pubblico non solo le loro opinioni, ma soprattutto i sentimenti. Molte scuole di riflessologia sono concordi nel trattare questa parte dolente partendo dalle zone riflesse (sia sul corpo che sul piede e sull’orecchio) dei polmoni. L’insegnamento è quello di condividere con la persona l’idea di aver troppo respirato “aria negativa” e non averla voluta espellere per diverse ragioni. In questo caso i polmoni vanno ri-energizzati non solo attraverso la manualità dell’operatore, ma anche con un processo pedagogico che aiuti la persona a respirare in modo più consapevole distinguendone le fasi e soprattutto i momenti salienti quando si trova a contatto con situazioni negative. Ma le scuole riflessologiche insegnano che questo non basta ed è per questo che si chiede aiuto al viscere correlato al polmone: l’intestino crasso o grande intestino.
Infatti chi più di questo viscere è in grado di espellere scorie? Molti maestri di riflessologia insegnano che la respirazione parte proprio da esso portando l’esempio di una città nella quale i netturbini non lavorano per ripulire dalle scorie. E non è un caso che quando le persone riescono a defecare (magari dopo giorni stitichezza) si sentono più libere e leggere e il primo atto liberatorio che compiono è rappresentato da una prolungata espirazione.
L’intestino crasso: la liberazione
“Del passato dovremmo riprendere i fuochi, e non le sue ceneri”. (Jean Leon Jaurès)
In psicosomatica si dice che le tensioni che tratteniamo si riverberano e manifestano con sofferenze per il nostro intestino crasso. Tutto ciò che è strettamente legato all’azione del trattenere si manifesta con i segni evidenti di costipazioni, dolori e fitte, meteorismo, flatulenza che vengono letti come segnali di una profonda paura di fallire,
un eccesso di riservatezza, una timidezza profonda o una tristezza insita nell’anima. Sempre secondo la psicosomatica le manifestazioni dell’intestino crasso sono legate alla mancata chiusura e cicatrizzazione delle ferite provocate dalle esperienze negative o dalle insicurezze materiali e affettive.
Molti sono convinti che queste ultime possano essere trattate con la stessa logica. Al contrario esistono due ambiti distintivi e complementari ben contrapposti tra loro: quello spirituale e quello materiale.
Ogni volta che dobbiamo fare una scelta dobbiamo orientarci verso uno o l’altro. Importante è ricordare che sulla bilancia del nostro benessere se lavoriamo troppo sulla parte materiale, l’altra viene meno portando notevole disequilibrio. L’essere umano nasce spirituale e compie tutto il suo percorso vitale alla ricerca di questo aspetto come complemento per la propria felicità. Tutte le filosofie orientali sono concordi nell’affermare che maggiore è la ricerca spirituale e più grandi sono i benefici materiali che si ricevono. In effetti, più si sale verso una spiritualità profonda e meno sono le necessità materiali che vengono, non dico abbandonate, ma considerate più per la loro utilità più che per la dipendenza che creano.
L’intestino crasso ha simbolicamente proprio questa funzione: ricordarci di espellere tutto ciò che è inutile, superfluo perché, in caso opposto, può solo nuocerci profondamente e impedirci di essere e pensare liberamente.
Il mantice e la regolarità: i polmoni
“Dopo aver fatto sempre la stessa cosa nello stesso modo per due anni, inizia a guardarla con attenzione. Dopo cinque anni, guardala con sospetto. E dopo dieci anni, gettala via e ricomincia di nuovo tutto”.
(Alfred Edward Perlman)
Abbiamo visto come il respiro sia vitale, ma anche come possa influenzare ciò che è dentro di noi (e non sto parlando solo di aria viziata) La regolarità con la quale inspiriamo ed espiriamo attraverso i polmoni crea un ritmo vitale che ci indica in modo chiaro il susseguirsi degli eventi che vogliamo realizzare e dei piani che dobbiamo mettere in atto per portarli a compimento. Quando i soldati marciano seguono un ritmo ben preciso che dà equilibrio sia allo stato fisico permettendo loro di proseguire per numerosi chilometri con le più diverse condizioni atmosferiche, che allo stato psichico poiché non devono stancarsi troppo ed essere vigili e attivi in ogni momento. La giusta calibratura del passo permette di respirare in modo adeguato per ottenere questo risultato.
In modo analogo quando una persona è agitata il primo consiglio è di rallentare il ritmo della respirazione. Il mantice della nostra vita che ci aiuta a gestire le emozioni è proprio il nostro apparato respiratorio. È con esso che raggiungiamo quella sintonia, quel ritmo necessario in quel dato momento. Eppure quanta difficoltà hanno i maestri di arti marziali o gli allenatori di atletica ad insegnare alle persone a respirare in modo adatto?
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