Page 20 - Numero 15 Autunno 2015
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Il principio del metallo ci insegna in definitiva la capacità di scegliere e di elaborare giudizi, non solo sul piano ideologico, ma soprattutto su quello fisico: si tratta della capacità di recidere, di tagliare le situazioni, le relazioni o le idee anche in modo drastico, senza mezze misure.
L’armatura entra in gioco tutte quelle volte in cui ci troviamo a non poter fare affidamento sulla nostra capacità raziocinante per cui prima di venire paralizzati dalla paura facciamo uso del principio del metallo. La capacità raziocinante, legata alla terra, infatti argina, ma se è in eccesso può bloccare, fare ristagnare o diventare una vera e propria tomba. Per questo il principio del metallo tronca tutto riportandoci fuori dall’esperienza raziocinante e indicandoci una rapida risoluzione con un taglio netto.
D’altra parte se l’armatura ci difende, in eccesso la lama che taglia tutto con forza può farci vivere con rigidità evitando che tutta la serie infinita delle emozioni possa anche solo scalfirci.
Come insegnano le tradizioni cinesi serve misura e controllo e soprattutto equanimità di forze sul campo: il gioco del nostro benessere è fatto di pedine in perfetto equilibrio, usate nel modo giusto e mosse nel momento adatto, proprio come negli scacchi o nella dama.
La spada e la paura dell’ombra
“Una persona spesso finisce con l’assomigliare alla sua ombra”. (Rudyard Kipling)
Nelle arti marziali giapponesi la spada è l’anima del samurai. In molti addestramenti di Jaido (tecniche di estrazione veloce) il praticante combatte contro un avversario che nella realtà non esiste.
È il momento in cui si combatte contro la propria ombra che, nella tradizione giapponese, incarna i nostri fantasmi. Le paure o le preoccupazioni si alternano normalmente nel nostro animo chiamandoci a fare scelte continue. La logica del tagliare queste ipotetiche paure si basa su una profonda conoscenza di noi stessi e sulla nostra capacità di resilienza, di piegarci cioè ai casi della vita, assimilandone le lezioni, senza venirne però offesi in modo irreversibile.
Il samurai che ha il compito di allenarsi alla battaglia altro non è che un uomo che deve sapere mettere da parte se stesso per focalizzarsi sull’obiettivo: vincere, pena la morte. Per quanto un obiettivo del genere possa apparire determinante le forze in campo sono molteplici e, come insegnano i maestri giapponesi ristagnano proprio nella capacità di “vuotare la propria mente e la propria anima” e considerare tutto il resto come un fluire dinamico di eventi. Per fare questo bisogna sapere combattere i propri fantasmi, le proprie paure ed evitare che prendano il sopravvento proprio nel momento in cui serve lucidità per compiere l’azione determinante. L’esercizio continuo, come insegnano le arti marziali, aiuta ad acquisire esperienza, a trovare il punto giusto, a dosare le forze, a manovrare in relazione al proprio corpo e alla situazione esterna. In tutto questo le paure vanno combattute e soprattutto sconfitte con una grande determinazione: prima dell’avversario bisogna
sconfiggere le proprie ombre, il resto è solo un gioco di equilibri. Per questa ragione i maestri giapponesi insegnano che non vince chi è più preparato tecnicamente, ma chi ha maggiore consapevolezza di sé; e in questo la spada c’entra ben poco.
Riportando tutto questo sul piano dei principi della tradizione cinese direi che il principio terra argina le nostre capacità individuali permettendo loro di crescere, ma quello del metallo evita il ristagno, l’apatia e l’ignavia che non le possano fare crescere.
Lo stesso avviene per il benessere psico-fisico e dinamico del nostro corpo: respirare e inglobare non basta se non eiettiamo le scorie che possono paralizzarci. Rimanere troppo attaccati alle cose così come a determinate emozioni impedisce il loro normale fluire, la loro crescita o la loro morte. Questo impedimento frena considerevolmente lo scorrere su cui si basa la vita.
L’ombra nel respiro
“I pensieri sono le ombre delle nostre sensazioni: sempre più scuri, più vani, più semplici di queste”. (Nietzsche)
Ognuno di noi respira miliardi di volte nella vita senza rendersi normalmente conto del vero senso di questo gesto. A scuola ci insegnano che quando respiriamo portiamo l’ossigeno indispensabile al nostro corpo per vivere, ma qualsiasi tradizione orientale ci direbbe che questo non basta.
Che cosa ci aiuta a realizzare pienamente un progetto e che cosa ce lo impedisce? Perché molte persone impiegano una vita nel trovare il senso della loro esistenza e altre lo evitano opportunamente? Le tradizioni orientali ci dicono che non è solo questione di carattere o di educazione ricevuta, ma di profondità del nostro animo. In molte sessioni di meditazione il trainer invita a respirare portando dentro di noi effetti positivi e quando espiriamo dobbiamo espellere le scorie fatte da ciò che non vogliamo trattenere nel nostro corpo. Sembra facile, eppure vi assicuro che non lo è per niente. Inspirare pensieri negativi produce danni notevoli al nostro approccio col mondo esterno costringendoci a fare continuamente “marcia indietro”. L’ombra da combattere, come per il samurai che ho appena citato, entra normalmente in noi perché glielo permettiamo, così come quando, anziché eliminare l’ombra espirandola, la tratteniamo nei nostri pensieri dandole la possibilità di radicarsi in noi. Esistono poi luoghi e persone che emanano normalmente energia negativa e, quando entriamo in contatto con essi, se siamo esseri sensibili abbiamo la capacità di sentire la rabbia e l’odio che questi emanano o di cui sono intrisi. Il respiro ce ne porta tutti i segnali facendo salire in noi la tensione e creando forti stati di disagio. L’ombra da combattere cerca di penetrare in noi attraverso la via più breve, il nostro respiro, ben consapevole del fatto che non possiamo cessare di respirare e respirarla, ma possiamo sempre scegliere di lasciarla andare e di non alimentarci di essa.
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