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pensiero noetico, il quale, lungi dall’assumere acriticamente, pone il punto di partenza della procedura dianoetica perché sa riconoscerne la funzione e sa di riconoscerla.
La funzione riflessiva e la funzione critica, questo è il punto da sottolineare con forza, coincidono e sono vincolate alla capacità del pensiero di disporsi ad un livello ulteriore rispetto alle procedure, che possono venire definite “ragionamenti” e che costituiscono le forme oggettivate del pensiero. Emergendo oltre le forme, il pensiero cosciente ne coglie il limite e non si riduce ad esse. Potremmo dire che il pensiero è cosciente proprio perché è consapevole di se stesso, senza ridursi al “sé” di cui ha coscienza, così che il cum-scire si rivela un sapere che, tenendo insieme pensiero oggettivante e pensiero oggettivato, implica necessariamente il sapere di sapere.
Questo sapere di sapere non è equiparabile ad una procedura cognitiva, dunque non è esprimibile in forma di algoritmo né la funzione riflessiva è assimilabile alla funzione ricorsiva. Il sapere di sapere costituisce, piuttosto, la presenza a sé del sapere (coscienza), che consente al sapere di rendere presente ogni altro da sé. Se la coscienza non fosse presente a se stessa, insomma, nulla sarebbe presente alla coscienza. Se il sapere non fosse sapere di sapere, non sarebbe sapere affatto.
In questo senso, il pensiero non può non essere esplicito e cosciente. Di contro, le forme procedurali non necessariamente sono esplicite. Molto spesso, anzi, esse sono implicite, perché coincidono con i processi di elaborazione delle informazioni che avvengono automaticamente.
Le forme implicite, non di meno, possono venire esplicitate e la funzione esplicitante può venire svolta solo dal pensiero riflessivo e cosciente. Senza tale funzione, quelle procedure, permanendo tacite, non diventerebbero mai oggetto di riflessione, così che di esse si ignorerebbe l’esistenza.
Inoltre, senza la funzione cosciente esse non potrebbero mai venire considerate procedure di pensiero, giacché è solo mediante tale funzione che il pensiero si riconosce come pensiero e può così individuare i molteplici processi in cui si esprime.
Il pensiero riflessivo e critico, questo è il punto fondamentale, intende discutere ogni assunto, perché non accetta di vincolarsi a presupposti indimostrati. Se, infatti, tali presupposti fossero falsi, anche la conclusione risulterebbe necessariamente falsa, se la procedura fosse corretta.
Quando il pensiero si interroga intorno alla verità degli assunti, esso emerge oltre la dimensione meccanica e procedurale, perché pone la procedura come oggetto di riflessione. Si potrebbe dire che, a fronte del procedere acritico dei ragionamenti, il pensiero riflessivo retrocede problematicamente su di essi. La riflessione sul ragionamento, pertanto, non è volta a produrre risultati esatti, che siano cioè in conformità con le premesse e con le regole del calcolo logico o operazionale, ma è volta a determinare il limite di validità di tale esattezza.
L’importanza della funzione riflessiva e critica, dunque, è enorme, perché essa evita che le procedure possano venire assolutizzate e così lascia sempre aperta la possibilità di una forma ulteriore
di pensiero, cioè di una procedura diversa e alternativa rispetto a quelle ordinarie e acquisite.
E tuttavia, se pure il pensiero riflessivo evidenzia il limite che immane intrinsecamente ad ogni procedura, anche esso non può evitare di consegnarsi alle forme procedurali, se intende svolgersi secondo una qualche forma determinata. Anche per esercitare una critica, in sintesi, si devono assumere un punto di partenza nonché delle regole, che garantiscano una forma logica mediante cui la critica possa svolgersi. Proprio per questa ragione abbiamo affermato che il pensiero critico non può non essere innanzi tutto autocritico, cioè deve riconoscere che l’istanza critica, che è innegabile perché indica l’intenzione di verità che anima ogni pensiero, deve comunque trovare una conciliazione con l’istanza procedurale, che è inevitabile, perché senza la procedura la critica permarrebbe indeterminata e, dunque, informe.
Quanto detto getta le basi per poter svolgere un confronto tra le forme tacite di pensiero e le forme esplicite, che sono espressione di un pensiero riflessivo e cosciente. Dalle considerazioni svolte si evince come primo aspetto che la procedura del pensiero cosciente mantiene il rigore logico delle procedure automatiche, ma in più le orienta verso un obiettivo, che è saputo e riconosciuto come tale.
Il pensiero riflessivo e cosciente, dunque, si esprime certamente mediante procedure, dal momento che solo esse presentano forma determinata. Tuttavia, le procedure coscienti sono consapevolmente orientate ed inoltre l’obiettivo può venire continuamente rimesso in discussione, così che la procedura può subire nuovi orientamenti.
Il secondo aspetto da evidenziare è che le procedure coscienti non si svolgono in conformità a regole, bensì seguendo regole. Allorché si seguono regole, si decide e si sceglie di farlo, così che la coscienza, implicando una qualche forma di libertà, pone di nuovo al centro il ruolo di un soggetto, qualunque significato si voglia dare a questa espressione.
In ragione del fatto che la coscienza orienta e ri- orienta la procedura, individuando obiettivi che possono essere liberamente scelti e liberamente sostituiti, e del fatto che si seguono consapevolmente regole si parla di intenzionalità. Quest’ultima indica che l’attività del pensare si pone con una direzione (un senso), così che l’intenzione può venire descritta come un vettore. Il pensiero cosciente, pertanto, è vettoriale, perché si dirige verso una meta, che è saputa come tale.
Se volessimo fare un confronto con le procedure automatiche, per esempio con gli algoritmi genetici, potremmo dire che la congruenza degli AG con l’obiettivo (fitness) può venire stabilita soltanto da un valutatore (un soggetto) esterno alla procedura, il quale, oggettivando la procedura, confronta la popolazione degli individui, selezionata durante il processo, con l’obiettivo proposto. Di contro, il pensiero cosciente si caratterizza per il fatto che questo confronto è posto in essere dal pensiero stesso, giacché, essendo cosciente, esso è espressione di un soggetto, che decide come procedere e perché procedere.
Da questo punto di vista è possibile affermare che è precisamente la funzione riflessiva del
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