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pensiero che consente di compiere tale operazione. Quest’ultima, nella misura in cui continua ad essere una procedura regolata e logica, mantiene carattere meccanico; di contro, per quel tanto che è frutto di riflessione critica, strumentalizza l’aspetto meccanico e lo rende funzionale al progetto di ricerca, ossia al progetto di un soggetto.
18. Il valore ideale del sapere
La coscienza è la figura che, meglio di ogni altra, indica l’esigenza ideale di trascendere il fattuale, ossia l'esigenza di oltrepassare l'ordine all'interno del quale, tuttavia, si continua a permanere. Ci si colloca, inevitabilmente, nell'ordine dell'esperienza, nell'ordine delle determinazioni, delle conoscenze, dei discorsi, ma si intende, innegabilmente, emergere oltre tale ordine, onde pervenire alla sua verità, al suo fondamento, al principio, alla condizione incondizionata della serie dei condizionati, all’incontraddittorio, che emerga sulla contraddizione.
La coscienza che si orienta alla verità non si acquieta di fronte a ciò che si presenta e che, presentandosi, assume l'aspetto della verità. Essa interroga le presenze empiriche, vuole saggiarne la consistenza e, quando scopre che la singola presenza, lo “A” più volte indicato, rinvia ad altra presenza, cioè a “B”, per legittimare se stessa, e altrettanto fa “B” con “C”, essa riconosce il limite immanente a ciascuna presenza nonché all'ordine che tutte le contiene.
Riconosce così la contraddittorietà che sussiste tra l’intenzione e la pretesa. L'intenzione di tutto ciò che si presenta è di essere e di essere veramente; la pretesa è di ridurre ciò a cui si tende, il vero essere, a ciò che di fatto è: assumere cioè il fatto, tale quale esso si presenta, come verità, eliminando quella domanda che invece lo costituisce come fatto. Se l'intenzione è volta ad ottenere un fondamento, la pretesa è di averlo già ottenuto.
L'intenzione impedisce che ci si plachi, perché riconosce come vero solo l’ideale, cioè la condizione che evoca la ricerca, la orienta, e la compie, ma solo idealmente. La pretesa, invece, conosce un unico compimento: quello fattuale; per essa ogni esigenza, qualunque sia, può venire soddisfatta, è soltanto questione di tempo. Proprio in questo senso va interpretato il fatto che, nella lingua latina, espressione del pragmatismo della cultura romana, il participio passato di exigere (esigere) è exactus (esatto), a dimostrazione che i conti devono tornare, comunque. E tale pragmatismo è arrivato fino a noi: anzi, oggi si è assolutizzato.
Di contro non può darsi un “esattore” della verità. L'esigenza di verità non può venire soddisfatta di fatto; essa è un'esigenza che permane insoddisfatta, così che il vero si configura come l’esigito, mai come l’esatto. Tuttavia, è proprio questa esigenza che tiene perennemente in vita la ricerca, che spinge sempre oltre ciò che si trova, oltre il già noto, l’acquisito.
Il compimento, dunque, è da intendersi in senso ideale, come consapevolezza che, se la ricerca sorge come “sapere di non sapere”, e cioè a causa della mancanza della verità, pur tuttavia questa mancanza è saputa, cosicché essa sorge proprio in
virtù del sapere. Un sapere che non è riducibile ad un qualche “saputo”, ma che emerge incoercibilmente oltre il non sapere, oltre la pretesa di sapere. Un sapere sempre in atto e che, per questa ragione, costituisce l’origine di ogni ricerca.
Se questa emergenza viene ridotta ad una espressione, ad un enunciato, ad un discorso, per quanto corretti questi possono essere dal punto di vista formale, l'emergenza viene negata; se, invece, la si lascia essere nella sua dimensione ideale, irriducibile a forme, ad oggettivazioni, a dati, a conoscenze, ma configurabile solo come tensione, atto, idea, allora ci si può aprire ad una dimensione che eleva il soggetto oltre il suo rapporto con l'oggetto, che lo restituisce a quella soggettività qualitativa che non è più contrapponibile all’oggettività, costituendo idealmente quell’unità in virtù della quale si supera ogni contrapposizione: la contrapposizione di soggettivo e oggettivo, di identico e diverso, di mente e corpo, di coscienza e inconscio, di io e tu, di io e mondo.
Non si può mai dimenticare, infatti, che, così come l'oggetto ridotto a termine della relazione è oggettuale e non può venire considerato oggettivo, altrettanto il soggetto, inglobato nella relazione all’oggetto e ridotto a termine, è un soggetto oggettivato, reificato: esso cessa di valere come l’autentica soggettività.
Con questa conseguenza: se ciò che viene conosciuto dell’uomo è ciò che può venire espresso mediante enunciati, ossia è la sua forma oggettivata, ciò nondimeno nessuna conoscenza coglie l'uomo nella sua verità, nel suo autentico essere in sé, nella sua autentica qualità. Proprio qui emerge il valore dell'ideale, e nel lasciar emergere il valore dell'ideale la speculazione non è solo critica, nel senso che discute le conoscenze di fatto comparenti, ma è anche propositiva.
La domanda fondamentale è, dunque, la seguente: il valore ideale del fondamento come può trasformare il conoscere, che consapevolmente ad esso si volge?
La risposta che abbiamo cercato di dare può venire così riassunta: se l’ordine delle conoscenze “positive” non accetta il valore ideale del fondamento, ma pretende di inglobarlo, riducendolo ad una delle tante conoscenze, allora il sistema del conoscere non fa che contraddire la sua stessa esigenza, cioè che il fondamento emerga oltre la serie dei condizionati (oltre il sistema e le conoscenze che lo costituiscono), i quali sono condizionati proprio perché sono insufficienti ciascuno a se stesso.
Ma, se il fondamento è tale solo perché è inoggettivabile, perché parlare di esso? Perché porlo al centro della ricerca, se di esso nulla si può determinare “positivamente”? Per quale ragione la scienza, che deve occuparsi di tante cose importanti nella vita degli uomini, dovrebbe perdere il tempo dietro a queste sottigliezze fumose proprie di una stantia metafisica?
A noi pare che la ragione possa venire essenzializzata in questo modo: riconoscere la necessità del fondamento, cioè della legittimazione autentica, dell'innegabile, nel suo emergere oltre l'inevitabile, costituisce un vero spartiacque nel pensiero e nella cultura. Se non si riconosce
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DIALOGHIDIMEDICINAINTEGRATA estate 2015


































































































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