Page 40 - Olos e Logos n°11
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alla menopausa (spontanea o iatrogena); anche in questo caso è opportuno un approfondimento informativo sia con la donna che con il partner, affinché ci sia un comportamento utile allo scopo del piacere sessuale e rispettoso delle difficoltà della donna.
Disturbi dell'orgasmo: difficoltà a raggiungere l’orgasmo per il dolore o l'inadeguatezza delle fasi di eccitazione e desiderio e possibilità di orgasmo retrogrado nell’ablazione della prostata.
Insoddisfazione sessuale: la ferita sulla sessualità che il tumore ha creato, porta frustrazione e depressione sia per sè, che per i problemi che questa può creare anche alla relazione di coppia, specie in quelle più giovani. Tentativi maldestri di riattivare la sessualità portano a possibili fallimenti: il dolore o le difficoltà erettili sono esperienze che minano le sicurezze personali e rendono deludenti i rapporti. Le persone tendono allora ad evitare il solo pensare alla sessualità, oppure rimangono talmente concentrate su loro stesse e sulle prestazioni, che viene a mancare la giusta tranquillità per lasciarsi andare, tanto da rischiare di raggiungere il risultato opposto a quello desiderato.
Il counselling
È possibile che persone adulte e da molti anni attive sessualmente, non abbiano mai parlato esplicitamente di sesso. Jannini (2007) nel suo decalogo per il counselling del paziente oncologico, mette al primo punto il tema del “setting” cioè la possibilità di “creare un ambiente clinico confidenziale e rispettoso della privacy” in cui sia il singolo che la coppia possano discutere delle proprie difficoltà.
In un percorso consulenziale è importante affrontare direttamente il tema della sessualità e, dovendo parlare di “sesso”, risulta evidente che possano emergere imbarazzi o timori che ostacolano una libera conversazione. L’inibizione può essere presente nel paziente, ma anche nell’operatore che deve essere consapevole delle proprie difficoltà, e saperle gestire.
Il vocabolario dell’operatore deve essere corretto, ma non eccessivamente tecnico perché potrebbe non essere comprensibile dal paziente. Quest’ultimo potrebbe usare allusioni ed eufemismi per nascondere l’imbarazzo; è quindi necessario creare una complicità che permetta l’esposizione, ma che non si basi solo su metafore o luoghi comuni, bensì sia fondata sulla chiarezza (Rifelli 2010).
Il sanitario deve porre questioni esplicite, perché la comunicazione sia completa e le informazioni siano chiare; egli fornisce inoltre un modello in cui si afferma la piena dignità ad affrontare determinate tematiche.
Il percorso di couselling può essere individuale o di coppia ed ha l’obiettivo di aiutare le persone a superare le difficoltà, ma anche di fornire una educazione sia sulla sessualità in generale, che sulla sessualità dopo l’impatto con la malattia e le cure. Sono presenti molti “miti” nelle opinioni delle persone, infatti spesso si rappresenta la donna come “ricettiva” e l’uomo che deve essere sempre “pronto”! È necessario quindi porre i termini su
questioni reali piuttosto che rimanere in credenze che non aiutano il proprio benessere: in primo luogo, va ribadito che la sessualità non è solo un incontro tra due genitali, ma un incontro tra persone.
Un’altra intenzione del counselling sessuologico è quella di ri-attivare la comunicazione all’interno della coppia. Molti sono i fantasmi che aleggiano nella mente delle persone e non sempre vengono svelati. Il “malato” sta facendo i conti con la propria accettazione, fatica a riconoscersi e pensa di non essere desiderabile né capace di soddisfare l’altro. Il partner è spesso in difficoltà, non trova le parole o i gesti adeguati, magari anche perché l’altro evita ogni riferimento al sesso.
Molto spesso è l’uomo a non esprimere i propri pensieri riguardo la sessualità e di conseguenza non è facile per la partner connettersi: come fa lei a capire, se lui non comunica? Da parte sua la donna può, talvolta, mettere più facilmente in secondo piano la sessualità.
È importante quindi cercare di confrontare il significato, emotivo e cognitivo, che ognuno attribuisce alla malattia, alla menomazione, se presente, ed alle difficoltà.
Nella prassi è utile svolgere all’inizio un colloquio individuale con i partner, che consente un contatto più confidenziale con i singoli membri della coppia. Infatti è possibile che uno o entrambi abbiano difficoltà nell’esprimere un pensiero o raccontare un evento in presenza del partner.
Successivamente gli incontri di coppia sono orientati a facilitare la verbalizzazione di pensieri e sensazioni, ma anche a sperimentarsi nella scoperta di modi diversi di approcciarsi ai propri corpi e a quello del partner, far scoprire altre zone del corpo e togliere alla genitalità il primato che aveva in precedenza.
Un aspetto importante è lavorare sull’idea che la sessualità potrebbe non tornare alle modalità precedenti l’evento malattia. Il corpo è cambiato: è necessario riconoscere i cambiamenti intervenuti, sperimentare le eventuali modificazioni sensoriali e funzionali. Nello stesso tempo accorgersi, o meglio riaccorgersi, che il rapporto di coppia è fatto anche di altro. In un certo senso è come ritornare ad una nuova adolescenza ed alla scoperta della sessualità. La malattia, l’intervento o le terapie hanno alterato le percezioni del corpo, si rende quindi necessario un nuovo apprendimento. Si torna a riscoprire la relazione con se stessi e con l’altro. Così come nei primi appuntamenti da adolescente, non si parte con un rapporto sessuale completo, ma si mette in atto tutta una serie di avvicinamenti graduali che permettono ai singoli di imparare a comprendere i cambiamenti, iniziare a conoscere le sensazioni fornite dal proprio corpo e da quello del compagno, (ri)scoprire ciò che piace e ciò che invece non si gradisce, individuare altre zone del corpo sensibili da cui trarre piacere.
Non sempre è possibile ripristinare una genitalità completa: può dipendere dai danni causati dai vari elementi che intervengono, ma anche dall’atteggiamento con cui si affronta la malattia. Paura e disperazione mantengono tutta l’attenzione rivolta alla malattia e quindi restano poche risorse da destinare ad altro.
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DIALOGHIDIMEDICINAINTEGRATA autunno 2014


































































































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