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definizione di medicina tradizionale cinese è problematica, in quanto, prima degli anni cinquanta non esisteva in Cina un unico corpus di conoscenze mediche, ma piuttosto vi era un insieme di teorie sviluppatesi in diversi periodi storici e in diversi luoghi. Solo dopo gli anni cinquanta, con l’avvento del Partito Comunista, è stata attuata una politica di recupero e semplificazione, in modo da separare le conoscenze mediche da quelle che erano considerate solamente superstizioni. Così le teorie della medicina cinese sono state standardizzate per essere insegnate nelle scuole ed utilizzate negli ospedali. Il rischio a cui si è andati incontro è quello di rendere i concetti della medicina cinese, dei concetti vuoti e senza una utilità pratica. Tuttavia, in molti riconobbero anche l’importanza della tradizione, pur sapendo che la Cina aveva bisogno di accogliere la medicina moderna, non escludendo l’utilità pratica e teorica della medicina tradizionale.
Per questo motivo si può accostare la medicina tradizionale cinese al concetto di tradizione inventata teorizzato da Hobsbawm e Ranger (1987), in quanto, essa fa riferimento ad un passato opportunamente selezionato, epurato da elementi considerati superstizione popolare, per poi seguire i paesi più sviluppati nella strada verso la modernizzazione. La medicina cinese ha, infatti, la particolarità di essere entrata presto in contatto con la medicina occidentale quando i primi missionari iniziarono a recarsi in Cina. L’antropologia, inoltre, ci permette di vedere quali sono i nostri limiti nella definizione di un sistema medico. Le prime difficoltà che si riscontrano nel rapporto tra medicina cinese e biomedicina, sono dovute infatti alla poca consapevolezza che si ha nei confronti della biomedicina in quanto sapere scientifico, ma anche culturale. Non ci rendiamo conto di come abbiamo selezionato e interpretato la realtà attraverso le nostre categorie biomediche e tendiamo a screditare le idee che non sono compatibili con essa. La biomedicina “rappresenta solo una delle possibili modalità di organizzare, strutturare e istituzionalizzare le conoscenze teoriche e le azioni pratiche relative alla malattia e alla sua cura” (Pizza, 2005, p. 127). La biomedicina ha deciso di rendere meno rilevanti gli aspetti culturali e sociali della malattia, come scrive Dei (2012), “[...] la nostra medicina – quella che chiamiamo moderna, scientifica, occidentale, ufficiale – si è costituita come campo naturale, cercando di espellere come irrilevanti proprio gli aspetti sociali e culturali” (Dei, 2012, p. 149). I sistemi medici non sono sistemi chiusi, ma vengono continuamente influenzati dall’esterno e dall’interno, cambiando costantemente. Sono prodotti dalle pratiche quotidiane.
Questo ci fa capire che quando parliamo di integrazione tra medicina tradizionale cinese e biomedicina, stiamo parlando di due sistemi complessi che si interfacciano e che quindi bisognerebbe creare dei modelli per la reciproca comprensione.
Il secondo contributo che può dare il metodo antropologico in questo contesto, riguarda l’analisi delle pratiche quotidiane, al fine di far emergere delle conoscenze di utilità pratica per un effettivo rinnovamento della medicina.
A questo proposito, durante una breve esperienza etnografica svolta nella città di Milano, ho potuto raccogliere alcune informazioni riguardanti l’interazione tra biomedicina e medicina cinese. Ho avuto l’occasione di intervistare e partecipare alle attività di un operatore tuina, che gestisce anche una scuola di medicina tradizionale cinese, di un medico anestesista, che da anni studia e mette in pratica i principi della medicina cinese, e di un medico di origini cinesi che però non può praticare poiché non è laureato in Italia. Le interviste vertono su alcuni dei problemi principali che gravitano intorno all’interazione tra biomedicina e medicina cinese, come ad esempio il problema legislativo, che influenza pesantemente la quotidianità di medici e pazienti, oppure il rapporto problematico con il Sistema Sanitario Nazionale. Questa mia esperienza ha dimostrato come, entrare in contatto con la realtà dei problemi quotidiani, attraverso uno studio sistematico e supportato da una metodologia accurata come quella di cui dispone l’antropologo, permetta di capire quali siano le priorità di medici e pazienti, e potrebbe costituire un’occasione per risolvere alcune incomprensioni e portare la chiarezza necessaria a costruire un sistema sanitario che accolga nuovi metodi di cura.
Bibliografia
Colombo E., Rebughini P., La medicina contesa. Cure non convenzionali e pluralismo medico, Carocci editore, Roma, 2006.
Dei F., Corpo, salute, malattia, in Dei F., Antropologia culturale,Il Mulino, Bologna, 2012, pgg. 147-166. Hobsbawm E.J., Ranger T. (a c. di), L'invenzione della tradizione, Tr. it. Einaudi, Torino, 1987.
Hsu E., The History of Chinese Medicine in the People’s Republic of China and its Globalization, East Asia Science, Technology and Society: an International Journal, December 2008, pgg. 465-484
Kleinman A., “Alcuni concetti e un modello per la comparazione dei sistemi medici intesi come sistemi culturali”, in Quaranta I. ( a cura di), Antropologia medica. I testi fondamentali, Tr. It. Raffaello Cortina editore, Milano, 2006, pgg. 5-26.
Pizza G., Antropologia medica. Saperi, pratiche e politiche del corpo, Carrocci Editore, Roma, 2005.
Sabatini, Coletti, Il Sabatini-Coletti: dizionario della lingua italiana, Rizzoli Larousse, Milano, 2007. Scheid V., Chinese Medicine in Contemporary China: Plurality and Synthesis, Duke University Press, Durham and London, 2002.
Unschuld P., Cos’è la medicina? Approcci occidentali e orientali alla cura, Tr. It. Nuova Ipsa editore, Palermo, 2015.
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