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vasto dell’art. 348 cit., al punto che si parla di una norma penale in bianco (sigh!). A causa della sua indeterminatezza, il legislatore e la giurisprudenza hanno dovuto precisare la materia professioni sanitarie.
La giurisprudenza dà colore in particolare all’attività medica, stabilendo che essa è caratterizzata da trattamenti invasivi e incidenti sull’organismo del paziente, i quali possono consentirsi soltanto a professionisti medici regolarmente abilitati[2]. Ma non solo.
Rientra infatti in tale attività (medica) anche una semplice diagnosi relativa ad un'alterazione organica o una diagnosi relativa ad un disturbo funzionale del corpo o della mente, così come l'individuazione dei rimedi e la somministrazione degli stessi.
Il nostro legislatore si è invece dedicato alla individuazione dei profili professionali. Soprattutto per la sua rilevanza e delicatezza in termini di interesse pubblico, la disciplina delle professioni sanitarie è stata da sempre riservata alla competenza statale.
Attualmente questa ha portata molto estesa.
Dato comune è la sottoposizione della stessa al principio di legalità: nel senso che tutte le discipline sanitarie hanno alla base una normativa che le disciplini.
Così possono individuarsi le classiche professioni sanitarie di «farmacista» (d.lgs. n. 258/1991); medico chirurgo (d.lgs. n. 368/1999); odontoiatra (l. n. 409/1985); veterinario (l. n. 750/1984); psicologo (l. n. 56/1989).
Ma oltre a quelle classiche (al cui interno si distinguono anche quelle specialistiche) si aggiungono poi le professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche; di tecnico di riabilitazione psichiatrica; di terapista occupazionale; di educatore professionale (cui non è necessario richiamare i riferimenti normativi per esigenze di fluidità dell’esposizione).
Ancora, le professioni «sanitarie riabilitative» di podologo, fisioterapista, logopedista e ortottista. Quelle «tecnico sanitarie», a loro volta suddivise in area tecnico-diagnostica (tecnico audiometrista; tecnico sanitario di laboratorio biomedico; tecnico sanitario di radiologia medica; tecnico di neurofisiopatologia) e area tecnico-assistenziale (tecnico ortopedico; tecnico audioprotesista; tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare; igienista dentale; dietista)
Ancora, tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro e assistente sanitario. Così come le figure di operatori di «interesse sanitario»: masso fisioterapista; nonché le figure di «arte ausiliaria delle professioni sanitarie»: massaggiatore; capo bagnino stabilimenti idroterapici; ottico; odontotecnico e puericultrice. È lampante che la normativa in tema proprio non manchi! A fronte di ciò, che spazio hanno le medicine non convenzionali?
A giudicare da quanto indicato fino ad ora poco o nulla. Nel senso che il nostro ordinamento pubblicistico, almeno dal lato dello Stato centrale, e a prescindere in questa sede da quanto indicato a livello di ordine professionale, non considera questo profilo, quasi come se nella realtà non ci fossero in Italia professionisti che ogni giorno
curano un buon numero di persone con la medicina non convenzionale (o “complementare” che dir si voglia), ossia con quella sganciata dalle professioni sopra indicate.
2. Protagonismo regionale e (reazioni della) Corte costituzionale
Così, per trovare qualche importante riferimento normativo occorre guardare all’ordinamento regionale: vero protagonista in tema.
Tuttavia un tale protagonismo non è privo di insidie e (come si dirà) di cocenti delusioni. Infatti, come detto, la materia «professioni sanitarie» è da sempre appannaggio dello Stato. Un profilo - questo - di cui tener conto quando si intende disciplinare la materia, nel senso che essa rappresenta una sorta di campo minato per poteri diversi da quelli riconducibili allo Stato (centrale). Apri pista in tema fu la Regione Piemonte. Infatti, con una legge approvata nel 2002[3], tale Regione ha provveduto a regolamentare le «pratiche terapeutiche e le discipline non convenzionali». Scopo principale della normativa era quello di indicare: a) casi di medicina non convenzionale; b) precisare i requisiti per gli istituti di formazione che avrebbero dovuto formare i professionisti del settore; c) istituire un registro regionale (non vincolante ai fini dello svolgimento della professione) degli operatori di pratiche terapeutiche e delle discipline non convenzionali. La normativa richiamata appartiene però alla storia, poiché nel 2003 è stata demolita per intero dalla Corte costituzionale[4].
La cancellazione è stata però determinata da profili formali, rispetto a cui, cioè, rilevavano più aspetti legati al riparto di competenze fra Stato- Regioni, che non la sostanza delle cose affermate. Per questo motivo tale legge si può prendere per buona tuttora, e di ciò vi è conferma nelle più recenti esperienze regionali, in particolare della Regione Marche del 2013 e della Regione Umbria del 2014 (infra).
Merita osservare che la legge piemontese elencava (e riconosceva) ben 12 casi fra pratiche terapeutiche e discipline non convenzionali: agopuntura; fitoterapia; omeopatia; omotossicologia; medicina antroposofica; medicina tradizionale cinese; ayurveda; naturopatia; shiatsu; reflessologia; osteopatia; chiropratica.
Già da queste rapide battute si comprende il grande interesse che ha per questo tema la disciplina in parola, sulla scia della quale la Regione Piemonte approvò una nuova legge in tema di «Regolamentazione delle discipline bio- naturali[5]» (definite come le «pratiche che si prefiggono il compito di promuovere lo stato di benessere ed un miglioramento della qualità della vita della persona», mediante «l’armonizzazione della persona con se stessa e con gli ambienti sociale, culturale e naturale che la circondano»[6]). Ma anche in questo caso il giudice delle leggi ha provveduto ad annullare l’atto indicato, precisando (come fatto in precedenza) che «L’impianto generale, lo scopo esplicito ed il contenuto della legge ... rendono evidente che l’oggetto della normativa in esame (e, di conseguenza, della proposta questione di legittimità costituzionale) va ricondotto alla
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