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professionisti che esercitano tali attività (minimi ed uniformi sull’intero territorio nazionale).
5. Recente disciplina regionale attuativa dell’Accordo del 2013
Sulle basi ricordate si inseriscono due recenti normative approvate rispettivamente dalla Regione Marche[12] e dalla Regione Umbria[13]. Leggi, queste, che si rifanno espressamente all’Accordo stipulato nel 2013, di cui si è dato conto nel paragrafo precedente.
Merita subito evidenziare che le tipologie mediche indicate dalle leggi in parola vanno ben oltre quelle dell’Accordo del 2013. Infatti, oltre alle tre classiche discipline «agopuntura», «fitoterapia», «omeopatia», si aggiungono, nel caso delle Marche, «antroposofia» e «omotossicologia»; e nel caso della Regione Umbria, «omotossicologia»; «medicina antroposofica»; «medicina ayurvedica» e «medicina tradizionale cinese».
Il cuore di entrambe le due leggi regionali menzionate (che per il momento si applicano ai soli medici-chirurghi e odontoiatri, e che in prospettiva futura si applicheranno anche ai medici veterinari e ai farmacisti, sulla base di un ulteriore accordo previsto nelle rispettive disposizioni tranistorie) sta nel fatto di voler certificare la qualità della formazione e (dunque) del relativo esercizio delle medicine qui in esame. È da questo obbiettivo individuato dall’Accordo del 2013 che derivano gli elenchi di professionisti esercenti le relative prestazioni. Per altro, l’iscrizione all’elenco, proprio per non rischiare il contrasto con la materia «professioni sanitarie», non costituisce condizione necessaria per il relativo esercizio. Naturalmente ai vari attori coinvolti (soprattutto Ordini professionali e Regione) spetterà definire i percorsi formativi ai fini della relativa iscrizione.
6. Sintesi conclusiva
Oltre a dare colore alla norma che si occupa di abusivo esercizio della professione (retro), poiché tutta la normativa (specie regionale) qui ricostruita va nel senso di riservare questa materia a mani esperte e abilitate, occorre dare conto del fatto che il nostro ordinamento sta sempre di più tentando di includere la medicina non convenzionale o complementare in quella ufficiale o convenzionale. Ciò avvenuto anche per una ragione “politica”, ossia perché negli ultimi tempi gli ordini professionali dei medici sono stati più attenti nel considerare queste discipline. Ad esempio, secondo l’art. 15 del Codice di Deontologia Medica il medico può prescrivere e adottare, sotto la sua diretta responsabilità, sistemi e metodi di prevenzione, diagnosi e cura non convenzionali nel rispetto del decoro e della dignità della professione».
Del resto va in questa direzione una previsione peculiare contenuta all’art. 1, comma 4, della legge regionale umbra del 2014 cit., secondo cui «La Regione favorisce l'accoglimento e l'integrazione di metodologie cliniche provenienti da altre culture e da altre esperienze conoscitive secondo le più recenti indicazioni fornite da studi di filosofia della scienza secondo il concetto di paradigma epistemologico». Può apparire strano che in una legge si facciano affermazioni simili. E
lo è ancora di più se si considera che si tratta di una legge regionale. Ma qui gioca un ruolo fondamentale la particolarità della materia, così lontana dai nostri standard e anche per questo (o meglio soprattutto per questo) così ricca di fascino e di interesse di studio e approfondimento.
[1] Professore associato di Diritto amministrativo nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Macerata: stefano.villamena@unimc.it; cell.(+39) 3475366455.
[2] Fra le altre, Cass. pen., Sez. VI, 23 luglio 2012, n. 3006.
[3] L. r. n. 25/2002.
[4] Sent. n. 353/2003. Ciò poiché, secondo la Corte, l’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e l'art. 1, comma 2, della legge 26 febbraio 1999, n. 42, hanno riservato allo Stato l'individuazione delle figure professionali in oggetto - quindi, degli operatori di pratiche terapeutiche "non convenzionali" - e hanno enunciato nella materia della "sanità" un principio fondamentale, da ritenersi vigente anche successivamente alla novellazione del Titolo V della Costituzione realizzata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Per questa ragione l’Accordo del 2013 fra Stato e Regioni in tema è così rilevante (infra).
[5] L. r. n. 13/2004.
[6] Art. 2, comma 1.
[7] Sent. n. 424/2005, punto 2.2., parte in diritto. [8] Sent. n. 424/2006.
[9] Sent. n. 40/2006. La disciplina era stata approvata allo scopo di migliorare la qualità della vita e contribuire a realizzare il benessere dei propri cittadini" (art. 1, comma 1), che pone una regolamentazione complessiva delle discipline bionaturali per il benessere, con "l'obiettivo di educare la persona a stili di vita salubri e rispettosi dell'ambiente" e di "prevenire gli stati di disagio fisici e psichici stimolando le risorse vitali proprie di ciascun individuo senza perseguire finalità terapeutiche o curative" (art. 1, comma 2).
[10] D.P.Reg. 11-5-2000.
[11] Art. 1, comma 4.
[12] L.r. n. 43/2013 «Modalità di esercizio delle medicine complementari».
[13] L. r. n. 24/2014 «Modalità di esercizio delle medicine non convenzionali da parte dei medici chirurghi, degli odontoiatri, dei medici veterinari e dei farmacisti».
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