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vieppiù nella forma del calcolo, che riduce progressivamente la qualità alla quantità, cioè a misura.
Nella Scienza della logica, Hegel esprime mirabilmente la dialettica di qualità e quantità nonché l’emergere, da essa, del concetto di “misura”: «Questo rapporto ha ancora per base l’estrinsecità del quanto. Sono dei quanti indifferenti, quelli che si rapportano l'uno all'altro, ossia che hanno il lor riferimento a se stessi in un tal esser fuori di sé. Il rapporto non è pertanto se non una unità formale della qualità colla quantità. La sua dialettica è il suo passaggio nella loro unità assoluta, cioè nella misura»[1].
Il punto sul quale abbiamo voluto insistere, e che ci pare venga considerato centrale dallo stesso Hegel, è che la relazione può venire considerata privilegiando sia il momento della qualità sia il momento della quantità, fermo restando che tali momenti rinviano necessariamente l'uno all'altro e che entrambi sono essenziali al costituirsi della relazione. In quest’ultima, infatti, vige sia la qualità di ciascun termine, sia la quantità, ossia il “due” che indica il reiterarsi della medesima qualità, appunto l’“essere termine”.
Ciò che però deve venire messo in evidenza è quanto segue: anche muovendo dalla relazione qualitativa, che è essenzialmente rappresentata dalla relazione semantica – la quale vincola un segno ad un significato – e dalla relazione predicativa o giudizio – la quale vincola una sequenza di segni ai corrispettivi significati –, il riferimento al momento quantitativo tende ad imporsi e ad assumere valore prioritario.
In che cosa consiste l'aspetto quantitativo del giudizio? Nell’essere essenzialmente rapporto sintattico, ossia nel fatto che vincola i segni tra di loro, dando luogo alla configurazione degli enunciati. Perché definiamo “quantitativo” questo rapporto? Per la ragione che, in esso, la qualità passa, per così dire, in secondo piano, poiché diventa centrale la comparazione tra segni, e cioè la modalità del loro combinarsi. Le forme grammaticali e logiche che regolano le combinazioni tra segni acquistano, insomma, un valore fondamentale nella conoscenza delle cose, giacché queste tendono a risolversi nelle formule sintattiche mediante le quali vengono espresse.
In effetti, se il rapporto del segno al significato rimane soprattutto un rapporto fra qualità, che vengono assunte come irriducibili, di contro il rapporto tra segni mette tra parentesi la differenza e valorizza l'omogeneità che sussiste tra di essi, così che la definizione degli uni in forza degli altri può venire espressa in forma rapida e incisiva mediante il calcolo.
Il calcolo, in fondo, offre questo grande vantaggio: consente di descrivere i rapporti in forma essenziale, codificando le operazioni logiche che possono venire effettuate su di essi.
Ebbene, le operazioni di calcolo sono possibili proprio quando la relazione assimila le differenze, riducendole a differenze di grado, a quanti. Facciamo notare, a questo proposito, che tanto la logica formale quanto la matematica si occupano prevalentemente del rapporto sintattico.
La logica, cercando di individuare le forme logiche del ragionamento corretto, ossia le regole che sanciscono le corrette deduzioni nonché i
corretti rapporti nella struttura delle proposizioni, ha a che fare solo con segni, a prescindere dai significati cui essi possono rinviare negli infiniti contesti di riferimento.
Altrettanto, la matematica opera mediante simboli che sono equiparabili alla notazione simbolica della logica. Anche i numeri, o i simboli che esprimono variabili, si occupano soprattutto dell'aspetto sintattico. I nessi sintattici, inoltre, possono venire calcolati proprio perché sono espressi in una forma facilmente quantificabile, così che la computazione tende a presentarsi come la descrizione più economica e più efficace dello stato di cose.
Si potrebbe anzi dire che la computazione descrive gli stati possibili, a prescindere dalle cose che possono costituire di fatto tali stati, giacché essa calcola gli infiniti rapporti che possono sussistere tra le cose.
Siamo veramente ad un punto fondamentale, un punto che è stato già evidenziato, ma che deve venire ribadito perché consente di comprendere lo sviluppo in senso computazionale della gran parte delle scienze contemporanee. Poiché il dato d'esperienza è un fenomeno e poiché il fenomeno è intrinseco rinvio agli altri fenomeni che costituiscono il campo in cui esso appare come “quel” fenomeno – che significa, appunto, “non altro” –, ne consegue che la descrizione scientifica si risolve nella descrizione delle connessioni e delle interazioni tra fenomeni.
Poiché, insomma, la qualità in sé è inattingibile e poiché la qualità per altro è intrinsecamente quantità, ne consegue che la descrizione più rapida, più economica, più efficace delle relazioni è il calcolo, e il calcolo diventa, a sua volta, calcolo di relazioni, così che la computazione vale come la forma scientifica esemplare, il modello-guida al quale tutte le scienze cercano di adeguarsi.
Ci pare innegabile che il calcolo numerico e il calcolo logico – che è il prodotto di una logica ridotta a tecnica, a quantificazione di relazioni solo sintattiche – consentano una definizione delle cose in formule di estrema efficacia operativa: in algoritmi. Questi ultimi non sono contestabili dal punto di vista della loro precisione, ma dal punto di vista della pretesa di ridurre la qualità alla quantità.
La quantità, è questo ciò che intendiamo dire, è certamente da considerare nella sua giusta rilevanza, per la ragione che esprime un aspetto strutturale della relazione; ma una relazione che non si riferisca anche all’aspetto qualitativo è come un segno che pretende di porsi a prescindere dal riferimento al significato: entrambi configurano l’assolutizzazione del sintattico, del formale, assolutizzazione che nega il senso della stessa forma.
La tendenza ad esprimere il mondo dei fenomeni in una serie di algoritmi è dunque perfettamente comprensibile: le formule matematiche sono estremamente funzionali. Tuttavia, non si dovrà mai dimenticare che quella realtà, che viene espressa mediante esse, è non altro che la realtà posta in essere dal conoscere matematico, il quale interpreta il nesso che costituisce e collega i fenomeni in forma essenzialmente sintattica, mettendo tra parentesi i significati di riferimento e operando solo sui segni.
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DIALOGHIDIMEDICINAINTEGRATA primavera 2015


































































































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