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fattore o di variabile) e, dunque alla relazione causale, comunque questa relazione venga intesa.
La causalità, infatti, può venire intesa in un duplice senso: o come una connessione razionale o come una connessione empirica. Se la causalità viene intesa come connessione razionale, allora la causa viene pensata come la ragione del suo effetto, in modo tale che il secondo può venire dedotto dalla prima. Se, di contro, la causalità viene intesa come connessione empirica, allora l’effetto, ancorché non sia deducibile dalla causa, è non di meno prevedibile a partire da essa per la costanza e uniformità che caratterizza la loro relazione.
Un punto importante è che non solo nel caso della connessione razionale, ma anche nel caso della connessione empirica, la relazione tra causa ed effetto è intesa, in genere, come una connessione necessaria. La necessità che attiene alla relazione deduttiva è una necessità a priori; la necessità che attiene alla relazione empirica è bensì a posteriori, ma non per questo la previsione dell’effetto a muovere dalla causa risulta meno certa. Comte, ad esempio, parla di relazione invariabile di successione tra i fatti, la quale, quando viene riconosciuta, viene formulata in una legge, che rende possibile prevedere un secondo fenomenoamuoveredaunprimo,allorchéèstato stabilito il loro collegamento.
LostessoMach[6],pursostituendoilconcettodi causaconquellodifunzione,voltoadindicarela dipendenza tra i fenomeni e la possibilità di calcolarla come una legge di corrispondenza tra variabili, mantiene il carattere necessitante del nesso, nel senso che il vincolo tra eventi rimane un punto fermo ed è proprio a partire da esso che si ponelaprevedibilitàdeifattinaturali.Ineffetti,la formulazione matematica della teoria cinetica dei gas, fornita da Maxwell e da Boltzmann, proponendo un’interpretazione statistica del secondo principio della termodinamica, ha comportato il superamento dell’interpretazione rigidamente deterministica del nesso tra eventi, il quale è stato inteso in un senso sempre più probabilistico.
Piùprecisamente,sipotrebbeaffermareche,con il principio di indeterminazione di Heisenberg e l’imporsi della fisica dei quanti, l’universo del microcosmo è stato pensato come regolato da relazioni che non sono pensabili in senso forte, nel senso cioè di valere come relazioni necessarie, ma solo in senso debole, cioè in senso probabilistico. Ed è statopropriounautorevoleesponentedellascuola neopositivista, Reichenbach[7], che ha affermato il valore del concetto di probabilità e il ruolo fondamentalecheessorivesteintutteleasserzioni concernenti la realtà.
Più specificatamente, il concetto di relazione causale può venire inteso sia in senso ontologico, come se il soggetto facesse esperienza diretta di tale nesso cogliendolo nella realtà stessa, sia in senso epistemico, come se cioè esso avesse attinenza solo con il modo soggettivo di configurare il processo della conoscenza. Se lo si intende in questosecondomodo,allorasifavalerequellache viene definita la causalità humeana e cioè si abbandona il concetto intuitivo di causalità per approdare ad un nesso meno “impegnativo” tra dueeventi:nonsitrattadiaffermarecheilprimo produce il (è causa del) secondo, ma solo che il
secondo segue il primo con una certa costanza. Questa costanza può venire espressa mediante una legge e per questa ragione si parla di spiegazione nomologico-deduttiva.
Poiché, però, la scienza non si accontenta di un nesso così “soggettivo” tra due eventi, basato su un rapporto di successione e contiguità, il pensiero contemporaneo ha cercato di rinforzare il concetto humeano di causa mediante l’uso dei controfattuali, che sono proposizioni condizionali (“Se..., allora”) nelle quali l’antecedente prospetta unostatodicosediversodaquellochedifattoèo è stato. Non soltanto si afferma la successione tra due eventi e la loro contiguità, ma si aggiunge che, se il primo non fosse stato, neppure il secondo sarebbe stato. In questo modo, sembra che si possa catturare l’intuizione, che sta alla base della causalità, prescindendo dalla sua diretta esperienza.
Il punto che a noi interessa mettere in evidenza è il valore che il concetto di relazione	riveste nella configurazione della trama logica del mondo, anche quando questa trama non attiene al mondo dei concetti, ma al mondo dei fatti.
Nel caso in cui si deduce un fatto particolare da unaleggegeneralesiamodifronteadunprocesso deduttivo,chefadiscendereunconseguentedaun antecedente. Nel caso, invece, in cui si inferisce unacausadauneffetto,siainsensodeterministico siainsensoprobabilistico,sihaachefareconun processo di tipo induttivo, che muove dall’osservazione e, rilevando una certa regolarità nel corso dei fenomeni, ipotizza una legge che stia a fondamento del loro svolgersi regolato.
Nell’un caso come nell’altro, si è di fronte ad una relazionechesussistetraloexplicanseloexplicandum, ossia tra ciò che spiega e ciò che domanda di venire spiegato. Tale nesso è precisamente un’inferenza:un’inferenzaditipodeduttivo,sedalla legge inferisce l’asserto osservativo, che verrà poi messo a confronto con l’esperienza; un’inferenza di tipo induttivo, se dal conseguente o dall’effetto intende inferire l’antecedente, cioè la causa.
In effetti, si potrebbe parlare di una fase induttiva e di una fase deduttiva del processo della spiegazione. La fase induttiva, che costituisce il momento fondamentale di quello che Reichenbach definisce il contesto della scoperta scientifica, muove da fatti, per loro natura particolari, e perviene a leggi generali; la fase deduttiva, che costituisce il momento fondamentaledell’ambitodellagiustificazione,muove dalla legge e perviene deduttivamente ad asserti osservativi, che verranno confrontati con l’esperienzaperverificareofalsificarel’ipotesidi legge. La struttura del processo esplicativo, pertanto, è la relazione tra explicans ed explicandum, la quale può venire percorsa nei due sensi di marcia indicati.
Varrà la pena ricordare, per chiarire ulteriormente questo punto, che spiegare, almeno nel suo significato più ampio, equivale a compiere un processo che dal dato, ciò che Aristotele definiscel’oti,conduceal“perche”,cioèaldioti, che costituisce ciò mediante cui (dia) viene spiegato qualcosa. Ciò che deve venire spiegato è il fenomeno, che costituisce il punto di partenza della ricerca per la ragione che è ciò che inizialmente compare nel campo percettivo.
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DIALOGHIDIMEDICINAINTEGRATA inverno 2015


































































































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