Page 5 - Olos e Logos n°11
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sensibile alle variazioni esterne, ai ritmi circadiani ed alle stagioni. Anch’esso si è evoluto in armonia con l’ambiente; l’adattamento dell’organismo rispetto ai ritmi esterni, studiato dalla cronobiologia, è così importante che l’evoluzione ha perfezionato una struttura anatomica, l’epifisi (che gli antichi chiamavano terzo occhio), che ha la funzione di percepire gli stimoli luminosi, la durata del giorno e della notte, traducendola in segnali ormonali attraverso la produzione di melatonina, fondamentale nella regolazione di tutti gli orologi biologici.
Le cellule del sistema PNEI, presenti in ogni parte dell’organismo, condividono la capacità funzionale (che si può esprimere sia in condizioni basali, sia in seguito a modificazioni ambientali) di differenziare le modalità di comunicazione tra organi ed apparati per regolare la sopravvivenza e l’integrità dell’organismo. All’interno di questo sistema è stata ipotizzata l’esistenza di una sorta di cellula staminale “comune” o cellula “committente” neuroendocrina, che all’occorrenza può assumere la funzione di regolazione, non solo nell’individuo adulto, ma anche nell’embrione, poiché possiede la capacità di differenziarsi fenotipicamente in senso multi- direzionale. Da questo precursore si formano sistemi cellulari differenti, che però mantengono l’omologia di funzione: lo scopo ultimo del sistema è regolare anche la stabilità del genoma attraverso livelli progressivi [2], guidando sia la morfogenesi dell’embrione sia la reattività dell’individuo [3].
Genetica delle emozioni
È stato visto, in alcuni studi genetici ed epigenetici, che situazioni avverse, soprattutto se avvenute nell’infanzia, possono portare ad una maggiore reattività dell’amigdala e dell’asse HPA (Hypothalamic-Pituitary-Adrenal axis, «asse ipotalamo-ipofisi-surrene»), aumentando la vulnerabilità per lo sviluppo di PTSD (Sindrome Postraumatica da Stress) dopo aver sperimentato un trauma in età adulta. I risultati di studi genetici hanno implicato polimorfismi nei geni CRHR1 e FKBP5 come mediatori di cambiamenti a lungo termine dell'asse HPA connessi con PTSD in individui che hanno subito un abuso infantile, aumentando la vulnerabilità alla depressione maggiore oltre al disturbo post-traumatico da stress. Dopo l’esposizione a lungo termine ad eventi avversi in periodi critici dello sviluppo, vi è la prova evidente di alterazioni neurobiologiche, neuroendocrine e immunitarie. Livelli plasmatici della corticotropina (ACTH) e cortisolo sono notevolmente aumentati negli esseri umani che hanno subito abusi sessuali o fisici, in risposta a fattori di stress anche lievi.[4] Questi effetti si riscontrano per l’iperattività persistente del fattore ipotalamico di rilascio della corticotropina (CRF) contenuto nei neuroni. Tuttavia questi effetti non si limitano soltanto a circuiti ipotalamici CRF ma sono stati osservati anche in aree limbiche, compresa l’amigdala, coinvolta nella depressione. Risultati simili si sono riscontrati anche in donne con una storia di abuso e/o trascuratezza infantile. Inoltre queste pazienti hanno mostrato bassi livelli di ossitocina, peptide che ha mostrato essere
importante nei legami affettivi, aumentati marcatori infiammatori come interleuchina-6 (IL-6), e ridotto volume dell’ippocampo, come si è visto, grazie alla Risonanza Magnetica strutturale. Il trauma infantile, quindi, ha un ruolo chiave nell’insorgenza e/o mantenimento della psicopatologia adulta; gli studi genetici ed epigenetici suggeriscono che le prime esperienze di vita, se avverse, possono alterare il funzionamento neurale aumentando il rischio per lo sviluppo di psicopatologie.[5] Se può essere intuitivo il fatto che ci possa essere una conseguenza a distanza, nella vita, di un evento traumatico in età precoce, meno immediata è la consapevolezza degli effetti che ha lo stress durante la gravidanza sugli esiti neonatali, sul funzionamento emotivo e cognitivo del bambino e sulla psicopatologia in età adulta[6]. Lo stress in gravidanza va probabilmente ad aumentare l’esposizione del feto ai gluco- corticoidi[7], con un ritardo della crescita fetale e conseguenze negative sulla salute in età adulta, tra cui obesità, ansia, infiammazione e malfunzionamento dell’asse HPA. Lo stress nel periodo pre- e post-natale porta a cambiamenti nella programmazione fetale (riassetto dei geni destinati al controllo metabolico-endocrino dell’organismo) associati alla suscettibilità ad una serie di malattie croniche. Da studi su animali è emerso che anche una malnutrizione in gravidanza può provocare lo stesso tipo di malfunzionamento e alterata risposta allo stress in età avanzata. Queste alterazioni, quindi, non si limitano solo ad un effetto sulla madre, ma influiscono sulla programmazione epigenetica del feto e di conseguenza sul rischio di sviluppare una serie di malattie, tra cui anche quelle relative ai Disordini Alimentari.
Epigenetica
Ci sono voluti più settant’anni per far diventare di uso comune il termine “epigenetica” da quando, alla fine degli anni trenta del secolo scorso, il biologo, genetista e paleontologo inglese Conrad Hal Waddington ne introdusse il termine. Scienza giovane e di grande fascino, l’epigenetica indaga quella parte della genetica che interessa l’espressione genica, altrimenti detta “fenotipo”. In termini molto semplici, il gene si esprime in un modo o in un altro, in salute o in malattia, in rapporto a molteplici fattori, che comprendono tutte le interazioni che il nostro organismo ha con l’ambiente interno ed esterno. L’ambiente esterno include i nostri stili di vita, l’alimentazione, le sostanze con cui veniamo a contatto, il tipo di attività lavorativa svolta e relativi rischi professionali, come lo stress cronico, ad esempio.
L’epigenetica, quindi, è una branca della biologia che si occupa dello studio di cambiamenti chimici, in grado di alterare l’espressione di geni, senza modificare la sequenza nucleotidica del DNA, regolandone però il funzionamento. Nella maggior parte dei casi, ma non in tutti, si producono variazioni reversibili della funzione genica, sia attraverso modificazioni del DNA e degli istoni associati, sia attraverso l’azione di piccoli mRNA non codificanti (nc-mRNA) [8] che
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DIALOGHIDIMEDICINAINTEGRATA autunno 2014


































































































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