Page 48 - Olos e Logos n°11
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fare, con tutto il Re non fa altra cosa che approvare e riprovare quello che gli propongono, e quasi mai fa niente sopra qualche negocio senza l’essergli proposto prima da’ magistrati che hanno cura di quello. E così mai fa nessun favore o gratia a nessuno, se non gli fusse proposto da’ magistrati esser degno o meritevole di tal gratia o favore. E nei memoriali che gli dànno i particolari, che sono molto puochi, percioché tutti hanno da passare et esser revisti per i magistrati che sono Presidenti di tali memoriali, il Re quando vuol far qualche cosa di quello che gli chiedono o propongono, non fa altro che scrivere in esso: «Tal magistrato essamini questo negocio e mi dia aviso di esso». Et è cosa certa, nella quale ho fatto diligentia per saperla bene, che non potrebbe il Re dare ad uno a chi egli volesse bene, un presente di danari o altra cosa, né fargli un favore di qualche offitio, o aumentargli il grado, se qualche magistrato non glielo propone; il quale non si metterà di nessun modo a far questo, senza qualche custume che vi fosse o lege per farlo. Questo non si intende che il Re non dia presente quando vuole agli eunuchi del suo palazzo e parenti che stanno dentro, et ad alcuni magistrati grandi che entrano là dentro nel suo palazzo, come fa molte volte, per esser questo custume e come lege antiqua; et è come ciascheduno dare quello di sua propria casa e non beneficio publico.
Le rendite, tributi e gabelle del regno, che montano senza dubio (a) più di cento e cinquanta milioni l’anno, non entrano nell’erario del suo palazzo, che possa egli spenderli a sua voglia; ma tutto, o sia in argento, che è la sua moneta, o in gran riso, che è il vitto ordinario di questa natione, si raccoglie negli erarij e granari dello Stato.
E di essi si pagano il vitto ordinario per l’istesso Re, Regine, figliuoli e parenti, eunuchi et altri officiali con splendidezza et abundantia regia, ma né più né meno di quello che le leggi gli assegnarono.
Del resto pagano tutti i magistrati, i soldati e gli publici officiali del regno, che è una cosa molto magiore di quello che i nostri Europei possono pensare.
Di questo anco fanno le fabriche dei palazzi del Re e de’ suoi parenti et altri publici edificij, e si spende nelle guerre et apparecchi di armi, fortezze e muri, che in un regno sì grande mai mancano; tanto che con essere il danaro e vettovaglia in tanta copia, alcuni anni non basta e si impongono novi tributi.
Ma venendo più al particolare, sono i magistrati tutti di doi generi, sì quei de’ soldati come quei che governano le terre: l’uno è curiale che sta nella corte e prisiede tutto il regno; l’altro è fuori della Corte, che solo governa qualche provincia o luogo particolare. D’ambedoi generi vanno per tutta la Cina cinque o sei libri mediocremente grandi che ogni mezzo mese si ristampano di novo in questa Corte, nei quali non vi è scritto altra cosa che gli officij de’ mandarini più gravi del regno, et il nome, patrie e grado di quei che al presente lo tengono. E per essere tanto numero, e necessariamente, o per morte alzarsi o abbassarsi ad altri officij, o morte de’ suoi progenitori, o altra causa, farsi continuamente molte mutanze, e stare nella Corte continuamente gente aspettando luoghi vachi per entrare negli offitij, non si può lasciare di ristamparsi tante volte.
Imperò qui non farò altro che toccare alcuni più communi, de’ quai nel discorso di questi libri si parla, lasciando però tutti i capitani de’ soldati per essere anco più breve.
figura 2 trascrizione cinese di Matteo Ricci dei secondi cinque comandamenti
I principali tribunali della Corte; ne’ quali si sostenta tutto il governo, sono sei che loro chiamano Pu. Il primo è Lipu, che vuol dire de’ magistrati, che (è) il maggiore e più eminente di tutti gli altri, per distribuire tutti gli magistrati et offitij che si danno per lettere, che sono i magiori sì dentro come fuori della Corte; tutto per essame di compositioni che in questo tribunale si fa. E tutto per suo ordine, cominciando tutti da’ più piccoli offitij et andando ascendendo ad altro magiore, conforme alle legi e statuti, e conforme alle informationi che hanno del modo che lo fece negli officij precedenti, et abbassando anco e privando degli offitij quei che lo fecero male. Et è certo che quando un letterato entra in offitij, sempre va montando d’uno ad altro sino alla vecchiezza, e mai senza causa perde totalmente l’offitio; ma, perdendolo una volta per colpa, già mai può entrare in quello, né in nessuno altro offitio, tutta sua vita.
Il 2° è Hupu, che vuol dire degli erarij, che tien conto degli erarij e granari publici, cioè di ricevere i tributi e le gabelle che si pagano al Re, e di essi pagare agli offitiali e fare la spesa nelle cose publiche dello Stato, come sono soldati, fabriche et istrumenti bellici.
Il 3° è Lijpu, che vuol dire delle cortesie e riti. Questo ten conto de’ sacrifici publici, de’ templi e de’ loro sacerdoti; degli maritaggi dei Re e sua famiglia reale; degli essami che si faccino a suo tempo e secondo il rito, e delle schuole e suoi Presidenti; delle congratulationi che tutto il regno fa in certi tempi e casi al Re; de’ titoli che si hanno da dare a’ benemeriti; de’ medici e matematici e suoi essami, e degli eunuchi che servono al Re; degli ambasciatori che vengono a dare obedientia e presenti al Re, e di ricevergli e rimandargli con le sue solite cortesie e ritorno di presenti, e lettere che si hanno da scrivere ai Re sotto la loro obedentia; perché il Re mai scrive nessuna lettera a nessuno né fuora né dentro del suo Stato.
Il 4° è il Pinpu, che vuol dire de’ soldati. Questo dà tutte le capitanerie de’ soldati, e le toglie a quelli
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