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coscienza di dare risposte e offrire indicazioni, nell’ordine religioso, che servono all’uomo in quanto uomo e che rispondono alle sue aspirazioni più autentiche ed al fine ultimo che esige la sua natura; per tale ragione si sente in qualche senso responsabile dinanzi a tutti gli uomini.
La qualifica di universalità si addice in questo senso innanzitutto alle cosidette religioni del ceppo abramitico; Ebraismo, Cristianesimo ed Islam.
L’Ebraismo è in primo luogo fondato sulla vocazione che Dio rivolge ad Israele e sul patto che stabilisce con esso; una vocazione ed alleanza che non sono ad esclusivo vantaggio di Israele, ma servono a Dio perché Egli possa regnare su tutti gli uomini. L’intervento di Dio su Israele ha dunque una destinazione universale. Del resto Dio che chiama Abramo e sancisce per mezzo di Mosè l’Alleanza con l’intero Israele non ha dimenticato gli altri popoli che sono a lui legati attraverso il patto sancito con Noè dopo il diluvio. Inoltre l’Ebraismo ha, non solo l’idea, ma la certezza della creazione del mondo da parte di Dio, con particolare riflessione sulla creazione dell’uomo che è costituito ad immagine di Dio. Basterebbe questo per affermare che il Dio d’Israele è Dio di tutti gli uomini e tutti gli uomini sono suoi.
L’Islam ha come sua dottrina fondamentale e costitutiva la persuasione che Dio ha rivolto per mezzo di Muhammad e quindi del popolo al quale egli appartiene, il popolo arabo, la sua parola ultima e definitiva, il Corano, a tutta l’umanità. Il Corano deve pertanto diventare la norma che guida la vita dell’intero genere umano. Fin dall’origine fu di conseguenza presente nella coscienza di Muhammad e dei suoi primi successori, la persuasione che l’Islam doveva essere portato, e si può anche dire imposto, al mondo intero.
Il Cristianesimo, che pure nella sua essenza di maggiore originalità non è riducibile a religione, riveste una destinazione universale in tutti gli
aspetti che lo costituiscono. Per esso vale tutto ciò che è detto dell’Ebraismo, ma vanno aggiunti almeno due elementi di assoluta novità e originalità: i misteri dell’Incarnazione e della Redenzione. Il primo afferma il congiungimento di Dio, nella persona di Gesù Cristo, con la natura umana; il secondo garantisce che ogni persona è costituita nella condizione, almeno potenziale, di essere salvata. Non si dà religione che si presenti così essenzialmente aderente alla condizione umana, come il Cristianesimo.
L’universalismo però non è caratteristica solo delle religioni abramitiche, ma sotto aspetti diversi e connotazioni proprie differenti, anche delle grandi religioni dell’Oriente e specificamente dell’Induismo e del Buddismo. L’Induismo, lo abbiamo visto, si costituisce come tentativo di approfondire e di chiarire il rapporto che lega l’uomo, Athman, all’Assoluto, Brhama, con l’intento di scoprire e quindi di indicare attraverso quali “vie” l’Athman può ricongiungersi al Brhama, l’uomo può raggiungere l’Assoluto; in questo infatti consiste la salvezza, una volta superato il ciclo delle rinascite. L’Induismo è quindi sì specifico della religiosità e della civiltà dell’India, però si pone secondo una dimensione sovraspaziale, cioè secondo una prospettiva universalmente umana.
Da ultimo il Buddismo, sorto come volontà di risolvere il problema del dolore sia indagandone le cause che lo generano, sia prospettando il modo per superarlo, ha per confine gli stessi confini del dolore e cioè nessun confine.
Non si può fare il ragionamento fin qui proposto, per le religioni cinesi; sorte in un contesto geografico e in un ambiente culturale di civiltà bene identificabili, esse sembrano non essere interessate a ciò che avviene altrove seppure, almeno nelle loro forme originarie, sono consapevoli che esista o possa esistere un altrove. Con probabilità vanno identificate come religioni nazionali o etniche. Al massimo, almeno in una certa fase del loro sviluppo, nel Confucianesimo e nel Taoismo, si potrà parlare di cosmopolitismo e dunque religioni cosmopolite; ma non sembra si possa neppure a questi attribuire la qualifica della universalità.
La religiosità preconfuciana
Quando si parla di “Religione” nel contesto della storia, della cultura e della civiltà del popolo cinese bisogna essere molto cauti. Nella vita del popolo cinese non esiste una dimensione religiosa come si può osservare nello sviluppo delle civiltà fiorite intorno al mediterraneo, o in quelle dell’Oriente indiano o anche dell’America centrale. Al riguardo è significativo anche il fatto che nella lingua cinese non esiste una parola specifica per designare la religione; si adopera il vocabolo “Chiao”; esso serve però ad indicare “dottrina”, “cultura”, “sapienza”, nel senso di modo di vivere, e dunque verrebbe a comprendere anche la dimensione religiosa genericamente intesa. Se si considera la storia della Cina degli ultimi due millenni e mezzo si può dire che in essa sono state presenti tre religioni: il Confucianesimo, il Taoismo e il Buddismo. Quest’ultimo, proveniente dall’India, si è diffuso e si è consolidato in Cina nella forma del Mahajana o
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