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rispondere in modo funzionale a gravi stress, recuperando o mantenendo lo stato di equilibrio preesistente, o sperimentando una crescita personale.
Fare i conti con il dolore
L’elemento indispensabile perché si sviluppi la resilienza è in ogni caso il confronto interiore con l’evento subìto. Un evento traumatico stimola una revisione degli abituali schemi funzionali, mette in discussione la visione del mondo, di sé e degli altri. La trasformazione delle convinzioni personali è centrale per il recupero e la crescita psicologica dopo un trauma6, di cui consente la rilettura e la collocazione nella giusta prospettiva. La resilienza non va dunque intesa come un disinvolto superamento della crisi: al contrario, essa richiede di passare necessariamente attraverso il confronto con il trauma subìto e la revisione della propria storia personale7. Proprio quando lo stress cessa, si avvia un faticoso processo di attribuzione di senso a quanto accaduto: “Perché è successo questo a me? Quale significato ha nella mia vita?”. Tale rielaborazione permette di vedere la propria sofferenza da una diversa prospettiva e di integrarla nella storia personale come un valore aggiunto.
Solo nelle avversità
La resilienza è un processo multidimensionale, ma comprende necessariamente in sé il fatto che ci sia una “condizione estenuante o estrema”, in cui appunto essa può manifestarsi. Fa quindi riferimento a risorse che vengono messe in campo e sono osservabili solo nel momento della necessità e non in altri contesti. Gli individui che sviluppano una maggior resilienza sono proprio quelli che hanno affrontato le prove più dure, che hanno permesso loro di attribuire un nuovo valore alla vita: è la gravità delle esperienze vissute che ha consentito loro di acquisire una tale forza resiliente. Gli eventi critici danno l’opportunità di far emergere il meglio di sé. Come mirabilmente osservava Primo Levi, “La facoltà umana di scavarsi una nicchia, di secernere un guscio, di erigersi intorno una tenue barriera di difesa, anche in circostanze apparentemente disperate, è stupefacente [...].”8
La meta è il viaggio
Alcune persone nascono già con dei tratti che favoriscono la resilienza, ma questa si può anche apprendere con il tempo. Quando interviene una difficoltà, ciascuno la affronta con il capitale psichico acquisito fino a quel punto: le risorse interne presenti al momento del trauma permettono di reagire ad esso. Chi non ha avuto modo di formare in precedenza tali risorse, può tuttavia acquisirle grazie al trauma stesso, in presenza di un qualche fattore ambientale che promuova resilienza. Le qualità resilienti sono perciò presenti in ciascuno in modo diverso fin dall’infanzia, ma possono poi essere diversamente potenziate durante l’arco della vita.
La resilienza non è quindi acquisita una volta per tutte ma rappresenta un cammino da percorrere, variando a seconda delle circostanze, del tipo di trauma, del ciclo vitale dell’individuo, del contesto culturale.
Insieme è più facile
La resilienza non è una caratteristica solo individuale e la persona resiliente non è quella che “ce la fa da sola”, che è forte e non mostra mai debolezze; l’aspetto chiave della resilienza è anzi proprio l’essere in relazione1. Può trattarsi del legame con una persona vicina, con qualcuno fisicamente lontano o persino con un animale. Uno dei punti di forza delle persone resilienti è proprio il supporto sociale. In psico-oncologia, è largamente dimostrato che esso funge da fattore protettivo, consentendo al malato di attingere dalle relazioni le risorse utili ad affrontare le difficoltà, nei momenti in cui le proprie sono esaurite2.
Osserviamo costantemente che i malati oncologi lamentano l’allontanamento di persone per loro significative: amici, colleghi di lavoro, parenti. Allo stesso tempo, riferiscono di aver scoperto la vicinanza di altre persone da cui non credevano di poter ricevere tanto. La malattia diventa pertanto occasione per saggiare i legami più forti, selezionare le relazioni, stringere nuove amicizie. Compito dell’operatore è d’altra parte aiutare il malato a gestire le difficoltà di comunicazione con chi per imbarazzo, timore, personale difficoltà di fronte alla malattia, reagisce allontanandosi anche se a malincuore. Una diversa chiave di lettura che permetta al malato di comprendere e leggere questi meccanismi gli consente di sentirsi meno ferito e arrabbiato e di trovare una strada per riaprire un canale comunicativo.
Crescere dopo il cancro: diamo i numeri
Nel contatto quotidiano con i malati oncologi, ascoltiamo costantemente belle storie di resilienza9,10, persone che si spingono fino a ringraziare la malattia perché ha fatto scoprire loro affetti, capacità, valori della vita. La loro numerosità è forse proprio ciò che rende questo faticoso lavoro più sopportabile, sempre arricchente, e che ci fa guardare la malattia con maggiore serenità . Ma quante sono davvero le persone che escono migliorate dall’incontro con il cancro? Si può conferire una validità scientifica a quanto noi operatori ogni giorno osserviamo?
Uno studio italiano condotto dal Dipartimento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca nel 2010 su 190 pazienti oncologici ha rilevato che il 90% dei pazienti che sono stati colpiti dal cancro ha riportato almeno un beneficio dall’esperienza di malattia, con un cambiamento nella percezione di sé e degli altri e nei propri obiettivi di vita. Per un terzo di questi il cambiamento è stato molto significativo, con una riscoperta di sé come persona forte e capace di affrontare sfide importanti e con lo sviluppo di un maggior senso di vicinanza con le altre persone. Per il restante 60% il cambiamento positivo è stato moderato o lieve, ma comunque presente. I dati confermano ciò che emerge da altri importanti e recenti studi sul tema11,12: per un numero inaspettatamente elevato di persone il cancro non è solo un evento negativo e sconvolgente che comporta sintomi ansiosi e depressivi, ma anche una occasione di maturazione personale.
Se sono comprensibili certi esiti positivi nelle persone guarite, meno facile è immaginare che
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DIALOGHIDIMEDICINAINTEGRATA estate 2014


































































































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