Page 5 - Numero 15 Autunno 2015
P. 5
di dimostrarlo innegabilmente, irrefragabilmente. Nel primo caso, la certezza coincide con la fede e la fede è inconsapevole: è un credere di sapere ignorando di credere. Nel secondo caso, invece, ho dimostrato che la certezza non è solo mia, ma deve venire condivisa da chiunque pensi e, pensando, segua un procedimento logico. Tuttavia, è proprio a questo punto che il problema si ripropone e sorge la seconda domanda: quando potremo considerare un procedimento effettivamente logico e una dimostrazione autenticamente innegabile? In altri termini: quando riusciremo a dimostrare il valore innegabile di una dimostrazione, senza fare ricorso a premesse, le quali, in quanto tali, vengono semplicemente presupposte, dunque assunte fideisticamente?
Quando, insomma, potremo considerare una dimostrazione effettivamente innegabile, tale da porsi a prescindere da un qualunque atto di fede? A questo proposito, facciamo innanzi tutto notare che una dimostrazione è un procedimento logico che muove da premesse e perviene a una conclusione. Il nesso che vincola le premesse alla conclusione deve essere necessario: solo così la procedura è effettivamente logica. Ebbene, ciò che deve venire evidenziato è, da un lato, che le premesse, proprio in quanto tali, sono estranee alla dimostrazione che su di esse si fonda, nel senso che esse vengono semplicemente accettate come punto di partenza, dunque ad esse si aderisce per fede. Si accetta, in altri termini, che siano vere senza discuterle, ma, qualora esse non fossero vere, la conclusione che verrebbe tratta da esse sarebbe necessariamente falsa, se la dimostrazione fosse autentica. D’altro lato, anche il nesso che vincola le premesse alla conclusione, e che costituisce l’essenza stessa della dimostrazione, risulta, a un attento esame, più problematico di quanto non appaia inizialmente. Tale nesso viene definito dai logici “relazione di conseguenza logica” e deve valere come necessario, per la ragione che, posto l’antecedente (A), il conseguente (B) non può non derivare da esso. Dire che il nesso è necessario equivale a dire, sono sempre i logici ad affermarlo, che è intrinseco: appartiene alla struttura intrinseca di A il suo necessario riferirsi a B. Ma proprio qui sorge il problema. Se il porsi di A implica necessariamente il porsi di B, come si potrà continuare a distinguere l’uno dall’altro? Questo status problematico, definito dai logici “paradosso della deduzione”, può venire espresso anche così: se il nesso è intrinseco, allora la posizione del conseguente entra nella costituzione intrinseca dell’antecedente e la loro distinzione è una mera astrazione. Si considerano, cioè, due entità (A e B), ma in verità l’entità è unica, almeno dal punto di vista logico, e non può venire definita né A né B, così che la deduzione si rivela una mera tautologia.
Se quanto è stato detto è vero, se insomma si afferma che il nesso è logico solo se è necessario, dunque se è intrinseco, allora non si può più parlare di nesso o di relazione di conseguenza logica, perché vengono meno i due termini che devono venire congiunti. Essi, infatti, sono così congiunti che costituiscono un’unità, la quale, essendo compatta, non prevede nessi al suo interno. D’altra parte, se si volesse mantenere la
rappresentazione di un nesso che si dispone tra i due termini, come indica la forma della deduzione, allora il nesso varrebbe come medio, che gli Scolastici definivano quid medium, e diventerebbe un nuovo termine (C). In questo caso, la conseguenza sarebbe che tanto A quanto B dovrebbero instaurare con C due nuove relazioni, riproducendo l’aporia detta del “terzo uomo, all’infinito”, che già Platone ha indicato nel Parmenide. Se, insomma, il nesso logico vale come medio le relazioni si moltiplicano all’infinito e si perde la possibilità di una procedura autentica. Già da queste considerazioni emerge che la ragione intenderebbe pervenire all’evidenza logica, ma, anche quando crede di ravvisarla in una dimostrazione, tale evidenza va ricondotta alla presunta verità delle premesse o all’assunzione acritica del nesso con cui si passa da esse alla conclusione. La ragione, dunque, tende alla verità,
Se non che, la certezza che il mio pensiero non sia solo mio, ma sia effettivamente universale, si trova in questa alternativa: aut la certezza è ancora soltanto mia, così che io credo che sia un pensiero universale, ma non l’ho ancora dimostrato, aut sono in grado di dimostrarlo innegabilmente, irrefragabilmente. Nel primo caso, la certezza coincide con la fede e la fede è inconsapevole: è un credere di sapere ignorando di credere. Nel secondo caso, invece, ho dimostrato che la certezza non è solo mia, ma deve venire condivisa da chiunque pensi e, pensando, segua un procedimento logico.
ma quando ritiene di averla trovata scopre che è la fede a convincerla, non la verità stessa. Lo stesso principio di non contraddizione, che vale come principio e fondamento di ogni dimostrazione, mantiene un carattere problematico. Aristotele lo dichiara innegabile nel IV libro della Metafisica e lo contrappone alla dimostrazione deduttiva. Il principio, afferma lo Stagirita, non può venire dimostrato per via deduttiva: se fosse risultato di una dimostrazione, non potrebbe valere come principio. Di esso, pertanto, si deve dare una dimostrazione per via confutatoria, cioè mediante elenchos: mediante la negazione della sua negazione. Chi pretende di negare il principio di non contraddizione si trova in questa situazione: se lo nega mediante un discorso incontraddittorio, allora lo riafferma; se lo nega mediante un discorso contraddittorio, allora nega ciò che afferma, dice e nega ciò che dice, dunque è come se tacesse. Il principio di non contraddizione emerge così innegabilmente dalla sua tentata negazione, negazione che si rivela contraddittoria. Questa è la dimostrazione di Aristotele, la quale viene considerata anche da un grande filosofo italiano, Emanuele Severino, come una dimostrazione inconfutabile. Severino, anzi, muove proprio da questa dimostrazione per
5
DIALOGHIDIMEDICINAINTEGRATA autunno 2015


































































































   3   4   5   6   7