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Uno strano connubio tra femminismo e vie marziali ... ed è già politica
Alessandra Chiricosta*
Nella mia storia personale, il percorso della pratica delle arti marziali si è intrecciato con il femminismo e la filosofia in maniera significativa. Gli spunti sollecitati in un ambito si sono innestati nell’altro, in un continuum esperienziale che non ha soluzioni di continuità e che dunque risulta difficile delineare in modo lineare.
La mia ricezione della filosofia della differenza mi ha portato, tra l’altro, a cercare di acquisire il più possibile una consapevolezza del mio corpo, dei significati che lo – che mi – costituiscono, di come la mia cultura, le mie pratiche quotidiane di vita, le relazioni umane e sociali declinino la mia percezione dell’essere un corpo-donna. Le arti marziali hanno messo in gioco me stessa, questo corpo-donna che io sono, in una maniera eccentrica, differente dai percorsi in genere proposti per le donne, offrendomi l'opportunità di risignificarmi attraverso prassi e relazioni in
genere non contemplate. E che mi ha dischiuso una percezione e la possibilità di espressione di una forza che non pensavo di avere. Una forza che è il mio corpo, che non mi lacera, che mi richiama a me quando mi disperdo nel pensiero astraente. Una forza che è presenza, relazione. Una forza che si origina proprio dal mio corpo-donna e che, se conosciuta, riconosciuta e messa in opera, sovverte la concezione quantitativa del corpo, secondo la quale è più forte chi ha più muscoli. Una forza che si esprime secondo qualità, non quantità, ma non per questo è meno corporea. Una forza che mi insegna che vedere nel corpo solo quantità, misurarne le prestazioni secondo questa direttrice, è una visione parziale e culturalmente e, direi, politicamente determinata.[1]
In ciò, un altro filo si è reso necessario perché l’intreccio si sviluppasse in maniera armonica e originale, o quantomeno onesta, ovvero una prospettiva interculturale che tentasse il più
Ringrazio Alessandra Chiricosta per questo suo contributo che coniuga un’analisi dei nessi interculturali Oriente Occidente con la riflessione sul rapporto corpo-mente o meglio ancora sul suo corpo pensante alla luce dell’essere donna e della riformulazione del femminismo come valorizzazione della femminilità e non semplicemente come opposizione al maschilismo
Lucio Sotte
possibile di operare una reale destrutturazione di quei significati che la mia cultura trasmette e incarna nel mio corpo-donna. Per aprire l’accesso ad un ordine diverso di significati, che non sia la mera, rassicurante e neo-coloniale estrapolazione e riadattazione di elementi originatisi in altri contesti, ho avvertito l’esigenza di abitare quanto più possibile questa differenza culturale, per comprendere teoricamente, ma soprattutto praticamente, che cosa queste differenti scelte culturali implicassero nel processo di significazione ed esperienza del mio corpo-donna. Le arti
*Docente presso l’Università Orientale di Napoli e l’Università Roma 3
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GINNASTICA ORIENTALE
DIALOGHIDIMEDICINAINTEGRATA estate 2015

