Page 30 - Olos e Logos n°11
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     Kung-Fu-Tze e il Confucianesimo Paolo Bascioni*
L’opera di Confucio si inserisce nel contesto di una profonda crisi politica e sociale che nel V secolo a.C. vede l’antico sistema feudale cinese sgretolarsi in una specie di piccoli stati indipendenti che si fanno guerra. Quello in cui visse Confucio fu uno dei periodi più burascosi della storia cinese antica. Il governo centrale che è in mano all’antica dinastia Chou non riesce a controllare l’immenso paese e di conseguenza l’anarchia imperversa dovunque. I grandi maestri cinesi, Kung-Fu-Tse, Lao-Tse e Mo-Tse operarono in quaesto contesto, presso a poco nel periodo in cui Buddha in India proponeva come via di salvezza il suo ottuplice sentiero.
Confucio, nome latinizzato di Kung-Fu-Tse, significa il “maestro Kung” o il “filosofo Kung”. E’ pressochè impossibile risalire alla sua famiglia di origine. Sappiamo che nasce nel 551 a.C.; così almeno generalmente concordano gli studiosi. In età giovanile, addirittura adolescente, la tradizione dice a 15 anni, si dedica alla riflessione ed allo studio attento, continuo e profondo delle grandi questioni umane. Sempre secondo la tradizione, a 19 anni si sarebbe sposato ed avrebbe poi avuto più figli. Dai 22 anni fino alla morte avvenuta nel 479 a.C., avrebbe svolto continuamente opera di insegnamento, non solo teorico e dottrinale, ma anche pratico ed esistenziale; si potrebbe forse meglio parlare di opera di formazione con il fine di preparare i suoi “discepoli” alla vita concreta, specialmente a ricoprire cariche pubbliche nella società e nello Stato, cioè nella sfera politica. Il suo insegnamento fu raccolto dai discepoli in un’opera detta “Analecta” che si compone di quattro parti: Il Grande studio, L’invariabile mezzo, I dialoghi, Il Mencio.
Confucio considera il suo insegnamento tutto di origine umana e naturale e rivolto esclusivamente
a costruire o rafforzare l’ordinamento terreno e la vita presente degli uomini. In questo compito e per questo fine è come ispirato da due principi fondamentali: il rispetto per la tradizione e la costituzione di una società che abbia a fondamento la razionalità e la giustizia. A Confucio sta a cuore la condizione degli uomini sulla terra; vuole rispondere al desiderio di felicità che essi portano
“Continua in questo numero di Olos e Logos la riflessione di Paolo Bascioni sulle religioni orientali. Si tratta di un contributo essenziale per comprendere il contesto culturale in cui prende corpo la medicina tradizionale cinese”
Lucio Sotte
necessariamente dentro se stessi. Tale felicità non può essere rimandata ad un dopo la vita o ad un altrove che non sia questo mondo, ma deve essere raggiunta qui sulla terra. Confucio possiede dunque vivo il senso della concretezza e di ciò che interessa ora. Non portato per le speculazioni teoriche, può essere definito “pensatore essenzialmente politico” che vuole realizzare e fondare il “buon governo”. Il buon governo è quello che si preoccupa di rendere felice il popolo e riesce in questo compito, perché se non riesce non è un buon governo. Con i suoi insegnamenti Confucio volle rinnovare lo Stato; a questo fine girò per le corti feudali della Cina cercando di convincere i sovrani e coloro che con essi partecipavano al governo della cosa pubblica. Si fece promotore di un rinnovamento radicale nel modo di governare, ma il suo rinnovamento non intendeva essere una novità, bensì una
*Professore ed autore di numerosi volumi di discipline letterarie, filosofiche, storiche e teologiche, Assistente AMCI sezione di Civitanova Marche
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CULTURA ANTROPOLOGIA
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