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autonomi, cioè indipendenti dalla nostra volontà, come il respiro, la frequenza cardiaca, la temperatura corporea, lo stato di veglia e di sonno oltre i riflessi e il controllo di molti visceri. Superiormente al tronco si trova il talamo, porta d’entrata e di elaborazione delle informazioni sensoriali che giungono al cervello. Nelle zone centrali inferiori si trovano l’ipotalamo e l’ipofisi, deputate al mantenimento degli equilibri ormonali dell’organismo. La connessione endocrina, insieme all’influenza che il cervello esercita sul sistema immunitario e sugli stati corporei per mezzo del sistema nervoso autonomo, con le sue branche simpatico e parasimpatico, è il nesso diretto tra cervello e corpo.
Dal tronco cerebrale, come la chioma di un albero, si sviluppano i due emisferi cerebrali. La parte più superficiale di ogni emisfero è denominata corteccia cerebrale, sede delle funzioni più evolute e complesse. È suddivisa in lobi: frontale, temporale, parietale e occipitale. Ogni lobo è suddiviso in aree.
I due emisferi si sono differenziati a svolgere funzioni diverse permettendo quindi al cervello di raggiungere una complessità funzionale maggiore. L’emisfero sinistro elabora le informazioni in modo analitico, focalizzato, dettagliato e sequenziale. È specializzato nella funzione del linguaggio e nella realizzazione di ragionamenti logici. Se l’emisfero sinistro è più orientato alla percezione dei dettagli, l’emisfero destro è capace di cogliere il contesto e il quadro complessivo di una situazione. È specializzato nel pensiero analogico, nella percezione di figure, strutture e contesti nella loro globalità. Coglie il linguaggio non verbale, elabora le informazioni in modo intuitivo e immediato e coglie del linguaggio, il tono emotivo. La differenziazione funzionale della corteccia cerebrale avviene gradualmente e al momento della nascita è ancora molto immatura. Il processo di crescita e differenziazione dei neuroni, come per tutte le cellule del corpo, è determinato dal patrimonio genetico, ma la qualità delle connessioni nervose che si svilupperanno, è influenzata dalle esperienze che accadono a partire dalla vita intrauterina. Tali esperienze condizioneranno lo sviluppo delle connessioni nervose determinando cambiamenti strutturali nel cervello. Si parla infatti di neuroplasticità, intendendo la crescita di nuove connessioni (sinapsi e dendriti) in risposta a stimoli. Connessioni correlate a cambiamenti della funzione cerebrale, dell’esperienza mentale e degli stati corporei.
Cosa determina i nostri schemi comportamentali? Dalla complessità del sistema nervoso emergono le nostre azioni. Se non stiamo attenti, il cervello sceglie per noi, al posto nostro. Quando siamo posti di fronte ad un evento tendiamo a reagire in modo rigido, stereotipato. È insito nel funzionamento di base del sistema nervoso l’abitudine a pensare per categorie, ad attribuire significati a qualcosa che è ancora “in formazione”. Spesso compiamo azioni, persi in pensieri che riguardano qualcosa di diverso rispetto a quello
che stiamo facendo. Ma se la nostra attenzione è diretta verso qualcosa d’altro finiamo con il vivere in modo inconsapevole, automatico e superficiale.
Perché meditare?
È antica la conoscenza che dall’esperienza della meditazione emerga un’attitudine, una presenza consapevole e attenta al qui ed ora della vita che ci porta ad essere totalmente nel momento presente, liberi dalla distrazione e dalla dispersione. Una capacità ad accorgersi dei costrutti che governano la mente e che ci inducono ad agire in modo automatico e reattivo. In altre parole, la meditazione interrompe gli automatismi di risposta, permette all’individuo di imparare a schiacciare il tasto “pausa” per evitare di mettere in atto reazioni comportamentali inadeguate o rappresentazioni non autentiche del sé.
La costante pratica amplia la consapevolezza di pensieri, emozioni e sentimenti con un’associazione di idee più ricca nei contenuti. Materiale doloroso può salire in superficie ma si è al contempo più capaci di contenerlo.
La meditazione sviluppa equilibrio emozionale, riduce l’ansia, migliora il tono dell’umore, porta ad un agire più consapevole con un atteggiamento non giudicante rispetto all’esperienza, accresce l’abilità ad entrare in sintonia con le altre persone, incrementa la sensibilità percettiva e la concentrazione, attenua il dolore cronico, migliora la funzione immunitaria e accelera i processi di guarigione.
In sintesi, la meditazione promuove un miglior stato di salute della persona nella sua interezza (mente, cervello, corpo e comportamento) verosimilmente attraverso una modulazione del sistema nervoso, del sistema immunitario e del sistema endocrino.
In Occidente l’interesse per la meditazione risale alla fine degli anni ’60 e con la fine degli anni ’90 è nata l’esigenza di approfondire dal punto di vista scientifico gli effetti sulle strutture cerebrali allo scopo di evidenziare i cambiamenti della microarchitettura del cervello in risposta a tale esperienza. Questo perché se la neuroplasticità è ciò che accade a livello cerebrale in risposta ad uno stimolo/esperienza, la meditazione è fondamentalmente non diversa da qualsiasi altra forma di abilità acquisita e può essere intesa come un “training” che porta a modificazioni neuroplastiche della funzione e della struttura cerebrale.
Si è quindi aperto un dialogo tra neuroscienze e spiritualità che ha permesso l’incontro tra l’antica sapienza e la moderna metodologia scientifica.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi studi effettuati su gruppi di persone prima e dopo un periodo prolungato di pratica (almeno otto settimane) e su persone praticanti, comparando i dati ottenuti con gruppi di persone non praticanti la meditazione.
Quali strumenti sono stati utilizzati?
Sono state utilizzate tecnologie di neuroimmagine funzionale: Risonanza magnetica funzionale,
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DIALOGHIDIMEDICINAINTEGRATA estate 2014


































































































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