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Si pensi, ad esempio, alla fisica dei quanti e, in particolare, al principio di indeterminazione di Heisenberg: ciò che emerge da essi è proprio il vincolo dell'oggetto al soggetto, ossia il fatto che l'osservatore (il soggetto) ha un ruolo fondante nel costituirsi dell'osservazione (oggetto osservato).
Con altre parole, si potrebbe dire così: il “dato” è “dato a”, in modo tale che, se non c'è colui al quale è dato, non è dato affatto. E ancora: il fatto non è qualcosa di oggettivo, nel senso che vorrebbe attribuirgli il realismo ingenuo, ma solo nel senso del valere come oggettuale, ossia come una delle molteplici forme in cui il punto di vista del soggetto si esprime in forma di “dati”.
Ovviamente, questo non significa affermare che il fatto sia frutto solo della variabile soggettiva. Il fatto è frutto anche di una variabile oggettiva, tant’è vero che noi esperiamo l’oggetto, non lo creiamo.
La variabile oggettiva, però, è il postulato che non si può non richiedere, ma non è qualcosa che possa venire determinato. Se tale variabile venisse determinata, infatti, il fondamento oggettivo scadrebbe a fatto e cesserebbe di valere come il fondamento dell’ordine dei fatti. Il fondamento è autentico solo se vale come quella condizione che sta alla base dell’esperienza, e dei “fatti” (“oggetti”) che si presentano in essa, perché è condizione incondizionata, cioè assoluta.
L’oggettivo non può non essere assoluto; di contro, l’oggettuale è in strutturale relazione con il soggetto. Questo ci sembra un punto cruciale e non ci stanchiamo a riproporlo all’attenzione del lettore.
Ne consegue che ogni fatto è, a rigore, un'interpretazione data dal soggetto a quel fondamento oggettivo, che costituisce il fine autentico del processo conoscitivo. L’oggettivo permane un ideale, giacché le conoscenze che di fatto vengono prodotte sono inseparabili dall'orizzonte interpretativo del soggetto. Non per niente, Kant ha messo in evidenza che i fatti sono, in verità, dei fenomeni, legati, da un lato, al modo di recepirli del soggetto; dall’altro, ad un fondamento oggettivo, il noumeno, che non può mai venire determinato, senza perdere il suo valore oggettivo.
Note
6.
C. Bonnet, “La percezione visiva delle forme”, in C. Bonnet, R. Ghiglione, J. F. Richard, Trattato di psicologia cognitiva, Borla, Roma 1995, vol. I, p. 16.
7. D.C. Dennett, Coscienza. Che cosa è?, Laterza, Roma-Bari 20092, p. 45. 8. J.R. Searle, La mente, Raffaello Cortina, Milano 2005, pp. 7-9.
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