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al suo procedere meccanico in conformità a regole: un ragionare che vale come un calcolare.
Non si può non rilevare che la prospettiva materialistica, riduzionistica, meccanicistica e fisicalistica, che fa dell’uomo un mero automa, configura la negazione più radicale di quella concezione antropologica che, di contro, intende l’uomo come intrinsecamente rivolto alla verità, così che il suo fine non è l’adattamento all’ambiente, come le teorie evoluzionistiche e neo- evoluzionistiche affermano, ma la conoscenza e la conoscenza che nella verità, e solo nella verità, vede il suo ideale compimento.
Il soffio che proviene dall’Oriente può svolgere, pertanto, una funzione fondamentale nella nostra cultura: può richiamare a quella dimensione dello spirito che l’Occidente sembra avere smarrito e che risulta fondamentale recuperare al più presto, se si intende davvero pervenire ad un recupero autentico dei valori, del quale si sente parlare ad ogni piè sospinto.
Ma come è possibile realizzare un recupero dei valori, ci chiediamo, in un orizzonte culturale dove, sull’onda dei successi delle neuroscienze, si tende a negare la libertà del soggetto, ossia il principio di responsabilità?
15.	Il pensiero riflessivo e critico
Lo studio scientifico del pensiero ha trovato espressione innanzi tutto nella logica formale. Più recentemente, anche le scienze psicologiche si sono occupate del tema, mediante una ricerca empirica e sperimentale. Tuttavia, sia la logica formale sia la psicologia che si occupa del pensiero non hanno dato la giusta rilevanza ad un aspetto che, invece, è stato da sempre considerato centrale in ambito filosofico. Tale aspetto può così venire riassunto: il pensiero viene analizzato e descritto, ma a compiere l’analisi e la descrizione è ancora il pensiero.
Quale valore può avere il fatto che il pensiero non soltanto è l’oggetto dell’indagine, ma altresì è il soggetto dell’indagine stessa? Da questa domanda prendiamo avvio e il nostro progetto è duplice. Da un lato, intendiamo precisare la facoltà di oggettivarsi che è propria del pensiero e che costituisce la sua funzione riflessiva. Dall’altro, intendiamo avanzare alcune ipotesi che spieghino per quale ragione il pensiero riflessivo non costituisce un tema privilegiato dello studio scientifico che viene condotto sul pensiero.
Per iniziare, ricorderemo che la funzione riflessiva del pensiero è stata al centro della ricerca filosofica. Aristotele ha affermato che il pensiero «può pensare se stesso»[2] e che il «pensiero del pensiero (noesis noeseos)»[3] rappresenta il fondamento stesso dell’attività del pensare. Tommaso d’Aquino ha affermato che «l’intelletto riflette su se stesso»[4] e Locke ha identificato la riflessione con la coscienza[5]. Kant, parlando di Critica della ragion pura, lasciato intendere che l’esercizio critico del pensiero si compie sia sulla ragione pura (genitivo oggettivo) sia in virtù della ragione pura (genitivo soggettivo) e Hegel ha identificato il principio con l’idea, la quale ha la capacità di sdoppiarsi, facendosi altra a se stessa, pur rimanendo se stessa. Infine, Gentile ha parlato di “pensiero pensante” e di “pensiero pensato”, nella sua riforma della dialettica hegeliana[6], in
modo tale che il pensiero pensato risulta essere il pensiero-oggetto e, di contro, il pensiero pensante il pensiero-soggetto, ossia il pensiero che oggettiva se stesso.
Ebbene, delle forme determinate di pensiero si sono occupate le scienze del pensiero, che tali forme hanno accuratamente descritte. Se non che, tali scienze non si sono occupate con altrettanta accuratezza della relazione che vincola il pensiero pensato, cioè le forme, al pensiero pensante, che di quelle forme costituisce il fondamento. Tale relazione consente al pensiero di mantenere un’unità con se stesso, che non gli impedisce, però, di farsi oggetto di se stesso, ossia di riflettere su se stesso.
Uno studio scientifico del pensiero riflessivo, però, non è rintracciabile nell’ambito della logica formale. Quest’ultima, infatti, si occupa di procedure logiche e della loro correttezza formale. Inoltre, quando si è individuata una logica emergente oltre la logica formale, e si è parlato di logica trascendentale – come ha fatto notare Barone[7] –, si è intesa bensì una fondazione della logica formale basata sull’uso del pensiero riflessivo, ma non si è tentata una qualche descrizione del pensiero riflessivo stesso che avesse i caratteri di una descrizione scientifica.
Le scienze psicologiche, di contro, hanno cercato di condurre uno studio scientifico del pensiero riflessivo a muovere dalla ricerca svolta da Dewey[8]. Tuttavia, a nostro giudizio, esse non sono ancora riuscite a coglierne i tratti essenziali.
Non di meno, ci sembra degno di nota il fatto che recentemente Mercier e Sperber[9] hanno sostenuto che la funzione fondamentale del ragionamento è argomentativa, cioè è volta ad elaborare e a valutare gli argomenti destinati a persuadere. Ciò ci sembra molto significativo, per la ragione che pone in evidenza come sia la stessa ricerca scientifica condotta sul pensiero a richiedere un’indagine sul pensiero riflessivo.
La funzione argomentativa, infatti, non può non fondarsi sulla funzione riflessiva, giacché il pensiero è in grado di valutare il potere persuasivo delle argomentazioni solo in quanto è in grado di riflettere sul proprio procedere e sul proprio argomentare, ossia solo in quanto è soggetto dell’indagine oltre che oggetto dell’indagine stessa e, soprattutto, solo in quanto sa riconoscere questa sua duplice condizione.
Si tratta dunque di considerare sia le forme in virtù delle quali il pensiero si differenzia da se stesso, e assume se stesso come oggetto di indagine, sia l’aspetto per il quale il pensiero permane il medesimo in questa sua intrinseca differenziazione, così che il suo sapersi è indice del mantenimento di questa sua unità.
Riproponiamo, allora, la fatidica domanda: per quale ragione la ricerca scientifica descrive il pensiero nella forma di una procedura e tralascia l’aspetto del suo presentarsi come atto? In effetti, al di là della mutevolezza delle forme (induttive, deduttive, abduttive, di controllo), la descrizione scientifica del pensiero interpreta quest’ultimo sempre come una procedura, ossia come una successione di stati che, a muovere da uno stato inziale, perviene ad una conclusione, la quale può essere probabile, come nel caso delle molteplici forme di induzione o del ragionamento in
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