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Per Lao Tse, il Tao è il “Princpio primo”; è originario, tutto abbraccia ed è costitutivo di ogni cosa e dell’intero universo. Per farsene una idea per quanto è possibile un po’ più esatta si può fare riferimento al concetto di “puro essere”, proprio della sapienza occidentale. Come tradurre la parola “Tao”? Non sembra si possa tradurre “Legge naturale”, perché la natura è opera del Tao e quindi anche la legge naturale deriva e dipende da esso. Bisogna pure essere attenti a non indicare con il Tao un essere personale e trascendente, perché il Tao è immanente al mondo e dunque da questo punto di vista si identifica con esso; si identifica, ma non si riduce al mondo. Forse il termine più adeguato per indicare il Tao è “Via”. Il Tao, principio assoluto ed immutabile, è anteriore al mondo ed è anche causa di tutto l’esistente; le cose sono prodotte dal Tao. Esso è innominabile, perché di esso nulla si può dire in quanto non gli si addice nessuna delle “forme” delle quali nel mondo abbiamo esperienza. Dal modo in cui Lao Tse lo presenta e descrive non si può concludere che il Tao sia essere personale e creatore in quanto sembrano presenti sicuri elementi di panteismo e il modo in cui il mondo da esso deriva non esclude l’emanazione necessaria e non scelta; tuttavia gli elementi essenziali del monoteismo sembrano essere salvaguardati. Il Tao non è dunque il “Logos” nel senso in cui la rivelazione e la fede del Cristianesimo si rivolgono a Cristo nel contesto di riferimento a Dio peronale; forse al Tao di Lao Tse si addice meglio la dottrina del logos di Eraclito. Comunque secondo Lao Tse il Tao è così onnipresente che regola anche i due principi, lo Yang attivo e loYin passivo, che determinano e dai quali dipendono tutti gli esseri. In questo contesto di concezione del Tao, a Lao Tse non interessa molto degli spiriti e degli dei; ne parla poco e quasi incidentalmente: essi sono opera del Tao e dipendono dal Tao e, quello che più conta, tutti gli esseri, come hanno nel Tao il proprio principio, così hanno in esso il proprio fine.
Il Tao principio primo nell’ordine dell’esistenza, è anche principio e norma dell’agire umano a tutti i livelli, sia nella vita personale che in quella collettiva; esso si pone come il modello degli uomini. Per onorare il Tao bisogna imitarlo; l’imitazione è il vero culto nei suoi confronti ed è molto più importante del culto esteriore dei riti. Il fondamento della vita morale dell’uomo è dunque l’imitazione del Tao; in questo sta anche la verità per la quale l’uomo è fatto. L’imitazione del Tao non consiste nell’agire esteriore, nel fare, tanto meno nell’attivismo tipico del nostro occidente, ma piuttosto nell’assenza di desideri, nella quiete interiore, nella semplicità di atteggiamenti e comportamenti esteriori. La norma pratica dell’agire morale potrebbe essere sintetizzata in questo trinomio: non azione, semplicità esteriore, assenza di ogni tensione dell’anima. Il modello è costituito da una condizione di vita caraterizzata da pace, tranquillità e silenzio. Dedicarsi alla imitazione del Tao vuol dire ridurre gradatamente la propria azione esteriore fino a giungere ad eliminarla, fino alla inazione. Arrivato a questo punto l’uomo è pervenuto al vero agire, egli vive la vita mistica che è vera azione e vera vita. Nella
quiete perfetta non c’è nulla che l’uomo non faccia perché non compie più nulla se non ciò che corrisponde alla sua natura, egli agisce con spontaneità; infatti non opera più per effetto delle passioni e dell’egoismo, ma solo imitando il modo di agire del Tao. In questa corrispondenza tra il Tao e l’agire umano, nell’ambito personale, familiare, nelle relazioni cittadine e nella organizzazione dello Stato, consiste la vera moralità. Ogni altra azione diversamente motivata è egoismo e passionalità.
La religione per Lao Tse e per li Taoismo consiste proprio nella conformità della vita umana, in tutte le sue dimensioni private e pubbliche, con il Tao, nella imitazione di esso. A differenza del Confucianesimo, per il Taoismo non sono importanti le forme del cutlo esteriore. Sul piano politico Lao Tse si pone in una prospettiva diversa da quella di Confucio che aveva sognato un grande impero, bene organizzato e ordinato, sotto la guida di un’unica autorità, quella dell’imperatore. Lao Tse vede più consono alla natura umana uno Stato piccolo, un regno di dimensioni ridotte, sia come territorio che come numero di abiatnti; in esso gli uomini possono condurre una vita semplice, con una organizzazione sociale non burocratizzata, quasi alla maniera patriarcale. Gli Stati debbono essere disarmati, non debbono tra loro condurre guerre e neppure rivalità economiche perché sono le concorrenze ed i conflitti commerciali che producono disillusioni e insoddisfazioni, e queste a loro volta fanno sorgere le guerre. Lao Tse è contro la violenza, sia nei rapporti individuali che in quelli tra i popoli.
Il Taoismo come elaborazione teorica e come applicazione alla vita, privata e pubblica, rappresenta una nobile conquista che contribuì molto alla elevazione morale del popolo cinese, fino a proporre modelli di vita ascetica e mistica con l’obbiettivo di raggiungere il possesso del Tao. Il mistico che arriva al Tao, con l’aiuto anche di esercizi che coinvolgono il corpo, non è più sottoposto alle leggi fisiche e dopo la morte, la sua anima raggiunge l’immortalità in una esistenza spirituale.
A livello popolare la nobile “Via del Tao” degenerò presto in forme di superstizione e di politeismo. Il Taoismo popolare fu dunque caratterizzato da magia, spiritismo, stregoneria. Del resto anche il Taoismo più puro aveva prodotto nel comportamento pratico un certo disprezzo per la vita attiva; ne aveva risentito negativamente la dimensione sociale e politica della Cina, per la mancanza di impegno, preoccupazione e senso di responsabilità nei confronti delle attività terrene che esso sembrava propugnare. Fu così che durante il primo secolo dopo Cristo il Taoismo corse il rischio di scomparire. Anche perché il Buddismo che dall’India si stava diffondendo in Cina, sembrava offrire risposte più adeguate a certe istanze presenti nello stesso Taoismo ed essere quindi in grado di assorbirlo. Fu merito di Chang-Ling se questo rischio fu scongiurato. Chang-Ling organizzò il Taoismo in forma di Monachesimo regolato da norme molto precise e severe che riguardavano la vita dei monaci, il rituale liturgico
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