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viene intercettata, la seconda no. È come se si verificasse un temporaneo black-out della coscienza impegnata ad elaborare la prima immagine. In questo studio, i soggetti dovevano guardare uno schermo sul quale compariva una
sequenza di lettere e tra queste, due numeri da identificare. Il primo numero è stato riconosciuto facilmente da tutti mentre il secondo numero è stato identificato con maggior frequenza nel gruppo dei praticanti la meditazione. Meditando si può quindi migliorare notevolmente la capacità di cogliere particolari che solitamente non vengono “registrati” dal cervello. In pratica l’allenamento alla meditazione migliora la capacità di prestare attenzione a più particolari contemporaneamente, ad esempio, cogliere veloci cambiamenti nelle espressioni del viso di chi ci sta davanti.
Nella figura D è rappresentato l’aumento dell’ampiezza dell’attività gamma registrato con l’Elettroencefalogramma durante la meditazione. Le onde gamma sono risultate, nel gruppo dei meditatori esperti, di ampiezza significativamente superiore rispetto al gruppo dei non meditatori e fortemente sincronizzate. Precedenti studi hanno evidenziato che la sincronizzazione neurale, in particolare delle onde gamma, è fortemente implicata nei processi mentali superiori come l’attenzione, la memoria di lavoro, l’apprendimento e la percezione cosciente. Un tale risultato suggerisce che, poiché la meditazione potenzia tale sincronizzazione, i processi cognitivi superiori sono competenze flessibili che possono essere allenate. È inoltre provato che queste sincronizzazioni svolgono un ruolo cruciale nella costituzione di reti neurali transitorie e possono indurre cambiamenti sinaptici.
In sostanza, il cervello può favorire la connessione per realizzare funzioni più complesse e adattive. Questa è l’integrazione neurale, il modo in cui il sistema complesso del cervello può diventare flessibile e creare nuove combinazioni di
funzionamento. Il miglioramento della memoria dimostrato dalla somministrazione dei Test di valutazione di tale funzione cognitiva è invece conseguente ad un aumento della densità della materia grigia dell’ippocampo, area cerebrale che può essere considerata il punto di riferimento fondamentale per ciò che riguarda apprendimento e memoria. Corteccia prefrontale, amigdala e ippocampo sono aree coinvolte anche nel sistema di percezione del dolore. Nel cervello di persone che praticano da lungo tempo la meditazione, in seguito all’applicazione di uno stimolo doloroso, si presenta un doppio fenomeno: da un lato si attivano le aree della ricezione del dolore (il cosiddetto circuito nocicettivo) dall’altro si disattivano le aree che sono strettamente collegate alla nocicezione e cioè la corteccia prefrontale, amigdala e ippocampo. Queste ultime aree sono quelle dove si registra la sensazione dolorosa, dove il dolore diventa il nostro dolore, la cui intensità è strettamente dipendente dalla valutazione emozionale che si realizza nel circuito prefrontale- amigdala, anche in base alla memoria di analoghe pregresse esperienze che è fornita dall’ippocampo. Ciò è in linea con le attuali conoscenze sul dolore, definito come una sensazione soggettiva, basata su una relazione complessa e non lineare tra input nocicettivo e sua percezione. I meditatori sono in grado di disaccoppiare circuiti cerebrali normalmente accoppiati, quelli di nocicezione e elaborazione percettiva del dolore, per cui, pur registrando il dolore, ne soffrono meno.
DIALOGHIDIMEDICINAINTEGRATA estate 2014

